Omicidio dell’Arcella Agli arresti un moldavo
Ha temuto di essere accusato di un delitto che non aveva commesso. Così Andrei Rusu, trentenne moldavo con casa a Noale, ora ai domiciliari, si è presentato dai carabinieri. E si è costituito: «Ero con altri due connazionali in piazza Azzurri d'Italia all'Arcella quando è stato ucciso quel nordafricano». Hanno confermato la sua versione i filmati realizzati con le telecamere a circuito chiuso installate in zona e ora due moldavi - residenti nel Padovano e nell’Alto Vicentino - sono ricercati per concorso in omicidio volontario aggravato dai futili motivi e in lesioni personali. Due reati contestati anche a Rusu in attesa di chiarire ogni dettaglio dell'omicidio che si consumò la notte del 2 aprile scorso in piazza Azzurri d'Italia dove un tunisino, Saber Labidi, 36 anni, è stato freddato con un colpo di pistola calibro 7,65 sparato all'altezza dello zigomo sinistro. Ormai tutto è chiaro agli investigatori guidati dal colonnello Giuliano Polito tanto che il 9 aprile scorso un'ordinanza di custodia cautelare viene firmata dal gip Mariella Fino a carico dei tre su richiesta del pm Maria D'Arpa: a Rusu vengono concessi gli arresti domiciliari per la sua collaborazione. In tutta Europa, invece, si stanno cercando gli altri due moldavi, uno dei quali ha premuto il grilletto mentre l'altro gli avrebbe fatto da “spalla”. Il motivo? Semplice vendetta per una banale lite scoppiata pochi minuti prima fra il terzetto dell'Est e un gruppetto di nordafricani tutti ben carburati dall'alcol. Durante l'interrogatorio di garanzia che si è svolto ieri, Rusu ha ricostruito la vicenda assistito dai difensori, i penalisti Luigi Fadalti e Franca Tonello. Ha raccontato che, fin dalle sei del pomeriggio, lui e i due connazionali, tutti disoccupati, avevano bevuto molto. In piena notte si erano ritrovati fianco a fianco dei nordafricani, a due passi da un chiosco-bar: il diverbio sarebbe scattato per una fila non rispettata. Rusu ha spiegato di aver separato un suo amico da un altro tunisino e di essere finito a terra dopo aver incassato un pugno sul labbro. È allora che, insieme ai compagni, sarebbe scappato nel parcheggio vicino al Bingo, accorgendosi che uno dei due aveva infilato la mano in tasca maneggiando una pistola: «Adesso andiamo a vendicarci» la promessa. Sempre secondo quanto dichiarato, Rusu si sarebbe allontanato, pensando che gli amici volessero solo dare una lezione ai nordafricani.
«Ho sentito quattro colpi di pistola» ha rammentato, «ma solo la mattina dopo ho sentito in tivù quello che era successo. Allora sono andato dai carabinieri di Noale. Io non c'entro nulla con l'omicidio».
Cristina Genesin
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