Il giallo di Fontaniva: è stata una esecuzione. La soluzione nel triciclo

Le indagini dei carabinieri sull’omicidio del 58enne. La famiglia di Fatos Cenaj si è spostata da un parente: «Hanno paura di stare qua dopo l’accaduto». Si scava nel passato dell’uomo, quando viveva in Albania

 

Alice Ferretti
La vittima Fatos Cenaj
La vittima Fatos Cenaj

Non è stato un incidente, né un colpo partito per errore a uccidere Fatos Cenaj, albanese di 58 anni. È stato un proiettile sparato con l’intento preciso di togliere la vita.

Secondo gli inquirenti che da oltre un mese indagano sull’omicidio, si tratterebbe di una vera e propria esecuzione. A imprimere una possibile svolta alle indagini potrebbero essere gli esiti degli accertamenti del Ris di Parma sul triciclo su cui viaggiava la vittima al momento dello sparo. Se dovessero emergere residui di polvere da sparo, ipotesi ritenuta probabile, significherebbe che il colpo è stato esploso da distanza ravvicinata. In caso contrario, più difficile, si potrebbe pensare a uno sparo da lontano.

Nessun bossolo

Resta il fatto che nonostante le ricerche, effettuate anche con l’ausilio di un drone, in via Case Basse, dove la mattina dell’8 giugno Cenaj è stato trovato agonizzante, non è stato rinvenuto alcun bossolo. Un dettaglio che apre due possibilità: o per sparare è stata usata una pistola revolver, che trattiene il bossolo, oppure chi ha sparato ha avuto l’accortezza di raccoglierlo, segno evidente di una certa dimestichezza con le armi.

Il movente dell’omicidio sarebbe da ricercare nel passato di Fatos Cenaj, nella sua vita quando risiedeva ancora in Albania, fino a due anni fa. Una volta in pensione il 58enne, ex agente penitenziario, aveva deciso di raggiungere la famiglia in Italia. Da un paio d’anni viveva in una casa a Fontaniva insieme alla moglie e alla famiglia della figlia.

I parenti se ne sono andati

Oggi in quella casa non abita più nessuno. «Hanno paura a stare qua», racconta una vicina di casa della famiglia. «Sono andati a stare da un parente, dopo quello che è successo qui non si sentivano più sicuri». Fuori dall’abitazione, appesa a un albero, da qualche settimana è comparsa anche una telecamera di videosorveglianza. Una telecamera che punta dritto alla porta d’entrata della casa.

Rapporti sereni in Italia

Difficile pensare che qualcuno potesse avercela con lui qua in Italia. A Fontaniva Fatos conduceva una vita molto semplice. Non parlava benissimo in italiano, girava con il suo triciclo perché non sapeva nemmeno andare in bicicletta.

«Qualcuno credeva avesse qualche problema, invece era solo una persona molto semplice e buona», racconta Elena, titolare del maneggio della fattoria Dindo, dove ogni giorno il 58enne si recava per svolgere piccole mansioni. Il percorso casa – maneggio, lungo poco più di un chilometro tra stradine di campagna e campi a perdita d’occhio, lo faceva sempre in sella al suo triciclo. «Si prendeva cura dei cavalli, aiutava nella gestione ed era felice. In cambio non chiedeva niente, gli piaceva venire qua e si sentiva utile», dice la titolare della fattoria Dindo.

Il passato in Albania

I carabinieri qualche giorno fa sono tornati anche qua, nel maneggio, dove hanno parlato proprio con Elena, ma riguardo al passato di Fatos non è emerso nulla. «Non mi ha mai raccontato di problemi in Albania. Era una persona molto tranquilla, parlava poco in italiano. Mi ha parlato dei suoi figli, niente di più».

Si attendono dunque i risultati dei carabinieri del Ris di Parma, sia per capire se sul triciclo ci sia la presenza di polvere da sparo, sia per capire che tipo di arma sia stata utilizzata. Su quest’ultimo elemento si aspetta l’esito della perizia balistica.

Nel frattempo, i carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Padova, sotto la direzione del pubblico ministero Maria d’Arpa, proseguono le indagini. Oltre alle ricerche sul posto, anche con l’uso di metal detector, sono già stati interrogati più volte familiari, amici di Fatos e abitanti della zona.

Inoltre, è in corso una collaborazione con le autorità albanesi per ricostruire i trascorsi dell’uomo durante il periodo in cui ha vissuto in Albania. Finora, i militari hanno sentito circa trenta testimoni e ispezionato centinaia di metri quadrati di terreno, avvalendosi anche di droni. Sono stati acquisiti numerosi filmati degli impianti di videosorveglianza, sia pubblici che privati, nella speranza che possano offrire elementi rilevanti, come il passaggio di un veicolo sospetto, una possibile via di fuga o movimenti anomali.

Un testimone aveva fin da subito riferito di aver udito uno sparo quella mattina. Poco dopo due guardie pesca avevano trovato Fatos a terra in via Casoni Basse. In un primo momento si pensava a un incidente stradale, ma una volta in ospedale è emerso il foro da proiettile alla testa. Dopo tre giorni di agonia, Fatos è morto. 

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