Omicidio-suicidio a Montà, Paolo e l'ombra della depressione: così ha ucciso la madre

L’uomo era in pensione da anni dopo una carriera alla Cassa di Risparmio. Descritto come persona schiva, accudiva l’anziana madre malata di Alzheimer che lunedì scorso ha ucciso per poi impiccarsi
FERRO-AGENZIA BIANCHI-PADOVA-OMINIDIO SUICIDIO IN VIA MONTA'
FERRO-AGENZIA BIANCHI-PADOVA-OMINIDIO SUICIDIO IN VIA MONTA'

PADOVA. Una famiglia riservata quella dei Moro. Di poche parole, ma che tutti conoscono nel rione di Montà dove vivono. Paolo Moro e l’anziana mamma, Lidia Marinello, abitavano infatti da oltre vent’anni in quella villetta gialla a due piani che si affaccia in via Montà, al civico 217. Insieme a loro la moglie di Paolo, Daniela Gechele, e il figlio ventenne Enrico, rimasti ora soli, nella disperazione più cieca. Paolo infatti ha ucciso l’anziana madre malata di Alzheimer, facendo altrettanto con se stesso subito dopo. Li ha trovati la moglie di lui quando è rientrata con le borse della spesa.

Padova, uccide la mamma invalida e poi si toglie la vita
La polizia nell'abitazione di via Montà

Persone semplici, alla mano, le descrivono i vicini. Persone un po’ per conto loro, che non danno tanta confidenza, ma che tutti con il passare del tempo avevano imparato ad apprezzare. Paolo Moro, 69 anni, ci teneva moltissimo alla sua casa, tanto che da quando era in pensione si dedicava giorno e notte a diversi lavoretti: di giardinaggio, domestici, ma anche di vera e propria ristrutturazione. Da qualche tempo ad esempio, sul lato sinistro della villetta c’è un’impalcatura, montata pezzo a pezzo da lui per ritinteggiare le pareti esterne della casa. Dopo essere andato in pensione dalla banca, dove aveva lavorato per una vita, la maggior parte del tempo era dedicato a questo tipo di lavori, o meglio hobby. E poi la cura di Lidia, la mamma anziana e ormai disabile al 100%, che però Paolo adorava. La donna da diverso tempo ormai non camminava più, si spostava a fatica sostenuta da un girello.

Ma nonostante il normale decadimento di un’anziana malata che ha superato i novant’anni, il figlio non l’ha mai trascurata. Lidia Marinello era infatti sempre ben vestita e ben pettinata. Paolo alla madre anziana ci teneva moltissimo, faticava a vederla soffrire e non concepiva l’idea di vederla spegnersi lentamente. Tanto che fino a qualche anno fa, nonostante l’età, la famiglia portava la donna ancora in vacanza. La caricavano nel camper di proprietà e la portavano in villeggiatura al mare, a Bibione. Insomma una famiglia modello. Daniela ex dipendente di un supermercato oggi in pensione, Enrico esperto di computer e impegnato in uno stage in un’azienda, Paolo, pensionato anche lui, amante dei suoi tanti hobby.

Apparentemente nessun problema economico, e una vita quasi perfetta. L’unico neo quell’essere così introverso di Paolo Moro, quel suo dare così poca confidenza a chiunque, che negli anni ha instillato nel vicinato qualche diceria sul suo essere una persona se non altro singolare. Certo, dall’essere considerato un uomo particolare, ad essere protagonista di una tragedia di questa portata il passo non è certo breve. Nessuno si sarebbe mai aspettato da parte sua un gesto così disperato.

I vicini increduli: "Persone perbene". «Cos’è successo?», «Si è sentita male la signora Lidia?». Lunedì verso mezzogiorno era un continuo via vai di persone che si fermavano davanti alla villetta gialla del civico 217 di via Montà. Incuriositi dalla presenza della polizia, ma soprattutto attirati dall’arrivo dell’elisoccorso. Gli abitanti della zona non facevano che domandarsi cosa stesse succedendo dentro casa della famiglia Moro. Poi, a poco a poco, con la notizia della tragedia che ha cominciato a diffondersi, alla curiosità è subentrata l’incredulità, poi lo sconcerto. «Ma siamo sicuri che si parli di Paolo e della mamma?», «Chi l’avrebbe mai detto, non pensavo avessero problemi», e così via.

«Ero in bici, stavo tornando a casa, quando verso le 11.30 mi ha telefonato allarmata mia moglie e mi ha chiesto se stessi bene perché aveva sentito atterrare l’elicottero del 118», racconta Severino Noventa, che vive da vent’anni proprio dietro alla villetta della famiglia Moro. «Paolo era un uomo molto schivo, e anche piuttosto strano a dirla tutta. Una cosa che mi faceva riflettere ad esempio era il suo lavorare in piena notte. Saliva sul tetto, tutto bardato, con una torcia frontale, e cominciava a martellare le tegole, a sistemare i coppi, cose così. Lo faceva quando tutti dormivamo, a notte fonda, e la cosa mi ha sempre stupito molto, oltre ad avermi infastidito ogni tanto perché il rumore non mi faceva dormire».
 
Un tipo particolare a detta dei vicini di casa, che pare lo guardassero con diffidenza. «Per carità non ha mai fatto male a nessuno, era solo molto schivo», continua Severino Noventa. «Mi dispiace tanto per la moglie e il figlio, che immagino ora saranno sconvolti». Anche Nadiya Tabakiv, una badante ucraina che da 4 anni vive di fianco alla casa dei Moro, si dice choccata. «Non è possibile. Io parlavo spesso con la signora anziana, erano brave persone, non si può dirne male», afferma la donna. «Paolo curava la mamma, la vestiva e la pettinava. Non avevano aiuti esterni, faceva tutto lui e la teneva sempre in ordine. Non capisco cosa possa essere scattato nella sua mente per compiere un’azione così estrema». 

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