Padova, il barista di 78 anni che non molla: «Il mio bar è come un figlio, non andrò in pensione»

Giovanni Cicero, storico barista siciliano a Padova, gestisce da oltre 40 anni il bar Maximilian in corso del Popolo. A 78 anni, lavora 12 ore al giorno e non pensa al ritiro: «Lo chiuderò solo quando non riuscirò più a usare la macchina del caffè»

Edoardo Fioretto
Giovanni Cicero
Giovanni Cicero

E ne restò solo uno. Non distante dalle luci che si sono spente alcuni giorni fa alla “Clinica dei rasoi”, in quel corso del Popolo che è sempre di più – nei pregi e nei difetti – uno spazio in cui si respira un commercio multiculturale, uno storico barista italiano continua tutte le mattine ad alzare le serrande del proprio locale. E non pianifica di smettere tanto presto.

«Lavoro anche 12 ore al giorno, per me venire qui a servire i clienti è un piacere prima di tutto», racconta Giovanni Cicero, 78 anni, titolare del bar Maximilian di corso del Popolo 19, proprio all’angolo con via Tommaseo. «Andare in pensione? Lo terrò in considerazione solo quando non avrò più le forze per usare la macchina del caffè», ironizza il barista, «anche se pensare che quest’attività potrebbe finire a degli stranieri fa un po’ male. Ho cresciuto questo bar come un figlio, ed è dura pensare che possa essere stravolto».

Fai quello che ami e non lavorerai un solo giorno della tua vita, recita infatti il detto. E forse è proprio scritto per descrivere storie come quella di Giovanni: perché nonostante il tempo e i cambiamenti che hanno ridisegnato la città e la cittadinanza, con i suoi 78 anni, il titolare del bar, di salutare per sempre i suoi clienti non ne vuole sentire parlare. Ma non è sempre stato così.

Nato a Modica, nel Ragusano, Giovanni era entrato nel mondo del lavoro come poliziotto. Non trovando però la sua vocazione. È nel 1969 che, insieme alla moglie Ivana Golfetto, ormai adottato da Padova, apre il primo bar alla Stanga. Diventa presto un punto di riferimento per la zona, mentre i suoi toast, i panini e i tramezzini dalle farciture tracimanti diventano simbolo e pregio dell’attività. Poi, la svolta, quando nel 1985 il bar apre con un nuovo nome – Maximilian, come il figlio della coppia – in quella stessa posizione di corso del Popolo in cui si trova oggi.

«Erano tempi diversi», ricorda Giovanni, «era il più bel corso che avessi mai visto. Bellissimo, le abitazioni erano di lusso e frequentate da personaggi molto rispettabili della società. Non che mi lamenti, ma oggi è molto diverso. Ci sono più stranieri, certo, ma il problema sono i bivacchi, il caos e lo sporco che viene lasciato in giro dalla gente di passaggio». In 40 anni di attività Giovanni Cicero non ha mai avuto problemi: «Mai una rapina, mai un cliente che sia entrato a fare casino», spiega, «solo una volta un balordo provò a puntarmi un coltello per avere l’incasso della giornata, e lo cacciai fuori a spintoni».

Tutte le mattine il settantottenne ragusano apre il bar alle 7 in punto, poi una piccola pausa a pranzo, per poi fare un dritto fino alle 19: «Nei decenni la clientela è indubbiamente cambiata, ma oggi ho comunque tante persone affezionate al mio bar», riflette Cicero, «si tratta per lo più di avvocati, notai, professionisti della zona. Loro vengono qui, sanno di trovare una persona che li sa trattare con cordialità. I prezzi cerco di tenerli il più stabile possibile: un euro e trenta per caffè, lo stesso per le brioche. Molti stranieri, che non sanno come siamo abitudinari noi italiani, pensano di poterli cambiare spesso e così si creano la loro rovina».

Sul futuro di corso del Popolo, il titolare del bar pluridecennale non ha certezze. «Se è così, è il frutto delle scelte delle amministrazioni – sostiene – e io non ci posso fare niente. Posso solo fare il mio. E alla fine un po’ mi basta: per me la gioia è quella di venire qui, salutare i clienti che sono tutti un po’ come amici. Scambiare qualche parola, avere mia moglie al mio fianco a darmi una mano. Se fai quello che ti piace fare, il lavoro non pesa sulle spalle. È così che facciamo centinaia di caffè e tramezzini al giorno».

Molti negozianti di corso del Popolo, come i fratelli Mirco e Mauro Zanella della “Clinica dei rasoi”, quando è arrivato il momento, hanno scelto di andare in pensione. Gli acquirenti sono stati soprattutto stranieri. Una decisione – hanno spiegato i titolari dell’attività di famiglia aperta per 65 anni – per dedicare più tempo a figli e nipoti. «Non ho nulla contro gli stranieri», conclude Cicero, «ma ammetto che io soffrirei sapendo che la prossima generazione di lavoratori del bar Maximilian potrebbe non essere italiana. Alla fine, dopo 40 anni di sudore, l’ho cresciuto come un figlio. Mi dispiacerebbe vederlo stravolto». —

 

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova