Padova celebra Belzoni: mostra da 2 milioni tra reperti e virtualità

PADOVA. Costerà due milioni di euro, sarà rigorosa sul piano scientifico ma avvincente su quello esperenziale, con quasi 200 pezzi in molti casi esposti per la prima volta in Italia. Padova celebra con una grande mostra il suo “Indiana Jones”: la storia di Giovanni Battista Belzoni, il “gigante esploratore”, sarà raccontata al San Gaetano dal prossimo 25 ottobre al 28 giugno 2020.
«Vogliamo superare i 150 mila visitatori – anticipa l’assessore alla cultura Andrea Colasio – È la prima volta che in Europa si fa una grande mostra su Belzoni. E sarà la prima volta in cui si vedrà il centro di via Altinate nella sua nuova pelle». Basta pensare che una grande piramide riempirà lo spazio dell’agorà.
Via alle prenotazioni
La “macchina” organizzativa dell’evento è partita già da settimane, anche se mancano cinque mesi esatti all’apertura. Dalla prossima settimana si potranno già prenotare i biglietti (allo 0292897792 oppure sul sito www.legittodibelzoni.it).
Da Palazzo Moroni sono partite 6 mila lettere a tutte le scuole del Nord Italia per invitare le classi di ogni ordine e grado per il prossimo anno scolastico. Ci sarà un marketing internazionale e c’è l’accordo per la vendita dei biglietti con i grandi player. Ci sarà anche la co-bigliettazione con la mostra (che inizierà lo stesso giorno) della “Mellon Collection” a Palazzo Zabarella.

Come detto, il costo totale sarà di circa 2 milioni di euro: 450 mila euro arriveranno dalla Fondazione Cariparo, il resto dagli sponsor privati gestiti dal Consorzio Città d’arte del Veneto e dal gruppo Icat.
I tre viaggi di Belzoni
L’occasione per la mostra è data dai 200 anni dall’ultima visita a Padova del grande archeologo, nel 1818 prima di partire per il suo ultimo viaggio in Egitto. L’esposizione celebrerà le sue tre spedizioni. Ricostruzioni di ambienti, tecnologia digitale ed effetti speciali si snoderanno lungo il percorso espositivo, ma protagonisti saranno soprattutto i reperti provenienti dai più prestigiosi musei di tutto il mondo: British, Louvre, Bristol (città d’origine della moglie di Belzoni, l’eccentrica Sarah Banne), Musei Vaticani e ovviamente il Museo Egizio di Torino. Nel comitato scientifico della mostra c’è anche Marco Zatterin, vicedirettore di La Stampa e biografo di Belzoni.
«Abbiamo colto l’occasione per raccontare una personalità che - certo dentro le coordinate di un’Europa allora imperialista - è però il padre dell’Egittologia, colui che fece iniziare l’epopea scientifica di questa materia», assicura Colasio.
A latere, e nelle sale espositive di Palazzo Zuckermann, ci saranno due approfondimenti: uno sull’impresa della Impregilo che grazie a un ingegnere padovano spostò il tempio di Abu Simbel, tra quelli scoperti da Belzoni; l’altro sui rapporti con Jappelli, il Pedrocchi e la massoneria.
Il gigante del Portello
Figlio di un barbiere del Portello, Belzoni fu un uomo eccezionalmente bello: era alto 2 metri e 10, lineamenti regolari, capelli rossi e occhi azzurri. Dopo alcune fughe “ribelli” giovanili e il completamento degli studi, fu facile per lui trovare un posto nel mondo dello spettacolo: al teatro Sadler's Wells di Londra interpretava il “Sansone Patagonico”, riusciva a tenere sulle proprie spalle 11 persone, in una grande piramide umana.

Sbarcò in Egitto grazie ai suoi studi di idraulica, rispondendo a un bando del Pascià per il progetto di una macchina per l’irrigazione dei campi. Da qui in poi le sue straordinarie imprese archeologiche: il trasporto del busto colossale del Memnone, il disseppellimento di Abu Simel, gli scavi di Karnak, la scoperta della Tomba di Seti I, l’ingresso nella piramide di Chefren, il ritrovamento della città di Berenice. Avventure che i padovani potranno rivivere in una mostra dal carattere altamente “immersivo”. —
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