Padova, lo sfogo di Nunzio Tacchetto: «Nessuno ha accolto mio figlio Luca in Italia»

VIGONZA. «Da una parte un’accoglienza in pompa magna, dall’altra tutto in sordina». L’ex sindaco Nunzio Tacchetto, con la schiettezza che lo contraddistingue, non può fare a meno di ripensare alle immagini viste negli ultimi giorni in tutte le tivù sulla liberazione della cooperante lombarda e si lascia sfuggire una riflessione sulla differente accoglienza dei due ostaggi al loro rientro in Italia.
La storia di Silvia Romano è anche la storia del figlio Luca, rapito nel dicembre 2018 in Burkina Faso insieme alla fidanzata Edith Blais e tornato a casa dopo 15 mesi di inferno. Ma, mentre per Luca, dopo una breve cerimonia istituzionale in Mali, l’arrivo in Italia è stato tutto molto celere e senza tante cerimonie, per accogliere Silvia al suo rientro si sono mosse le più alte cariche istituzionali, dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte al Ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
«Sono davvero contento che la ragazza rapita sia salva», dichiara Tacchetto, ricordando i mesi d’inferno vissuti anche dal figlio, «ma chissà perché erano tutti schierati ad accoglierla. Ne parla il mondo». Nunzio Tacchetto avvisa: «So tutto ma non posso dire niente». Però si lascia sfuggire una spiegazione a cui è giunto: «Una l’hanno liberata, l’altro si è liberato. La differenza è tutta qui», è il suo ragionamento. «Poi però ti dicono che bisogna stare muti», mugugna.
Insomma, Nunzio Tacchetto se l’è legata al dito da quando sono trapelate alcune indiscrezioni sulla conclusione della segregazione del figlio. Com’è noto Luca Tacchetto ha dichiarato di essere riuscito a scappare con Edith ai suoi rapitori in piena notte dopo aver studiato un piano. I due hanno approfittato di una notte ventosa, di quel vento del deserto che tutto avvolge e tutto copre, per fuggire affidandosi alle stelle per orientarsi. Dopo 15 mesi di prigionia aveva imparato ad essere un uomo del deserto. La famiglia allontana dunque l’ombra di un riscatto pagato dallo Stato, seppure paventata da più parti.

Di Luca Tacchetto si era detto anche di una sua possibile conversione all’Islam, come Silvia Romano e come l’altro ostaggio liberato Alessandro Sardini. Ma il padre Nunzio nega con forza: «Come si permettono di dire questo?».
Gli investigatori della Procura di Roma, che l’avevano accolto al suo rientro in Italia, avevano notato un suo avvicinamento, se non altro dal punto di vista esteriore, alla cultura islamica. Sembra però che ai capelli corti e alla barba lunga con cui è ricomparso dopo 14 mesi di prigionia, non corrisponda un percorso spirituale.
Per chiarire con forza che nulla è cambiato Nunzio Tacchetto aggiunge: «Noi preghiamo tutti i giorni».
La famiglia Tacchetto si riunisce in preghiera abitualmente. A Vigonza tutti sanno che la famiglia Tacchetto è sempre rimasta convintamente vicina a un’educazione tradizionale cristiana, impegnata sul fronte sociale e del volontariato cattolico. Un elemento questo che rende ancora più improbabile un cambio così radicale da parte del figlio. —
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