Una casa per 54 persone con disabilità: «Per noi è sinonimo di libertà»
A Padova un progetto innovativo finanziato con oltre 3 milioni di euro dal Pnrr: «Siamo l’ambito con più fondi in Italia»

Abitano in dodici appartamenti dislocati in città e provincia, sono accomunati dalla stessa sfida: mettersi alla prova, imparare a vivere da soli. Si tratta di 54 tra giovani e adulti, donne e uomini, già entrati nella storia: in Italia sono la comunità più numerosa di persone con disabilità o fragilità, impegnata in progetti di autonomia abitativa.
La maggior parte ha disabilità intellettive, qualcuno problemi di tossicodipendenza, c’è anche una giovane in transizione seguita dal Centro salute mentale. Vivono in case da 4-5 posti. «Finalmente ne ho una», racconta Aidan. Il progetto si chiama «Ca.s.a.» e Padova fa scuola.
Progetto Ca.s.a.
Il Comune sta portando avanti l’importante progetto «Ca.s.a.», finanziato dai fondi del Pnrr per un totale di 3 milioni e 200 mila euro. L’iniziativa è sviluppata in collaborazione con 11 enti (cooperative e fondazioni) e l’Usl 6, in particolare il Servizio disabilità adulti, il Centro salute mentale e il Servizio dipendenze.
I protagonisti
Alcuni dei protagonisti, visibilmente emozionati, hanno partecipato alla conferenza stampa di presentazione a Palazzo Moroni, seguita da un tour nelle sale del consiglio e della giunta. Ha rotto il ghiaccio Marc, un giovanotto grande e grosso, che da un anno vive a Tencarola: «Ringrazio soprattutto gli educatori che ci seguono – ha detto – Si vede che lavorano per passione».
Francesca abita con Marco e altri quattro in centro a Padova: «Collaboriamo, ma la comunicazione tra noi non è sempre facile – ha confessato – Per fortuna ogni mercoledì ci troviamo per parlarne insieme attorno ad un tavolo». Caratteri e abitudini diversi, stare sotto lo stesso tetto non è semplice.
Nicolò, Guido e Valentina da qualche giorno hanno accolto Diego, 25 anni: «Mi trovo bene. La mattina lavoro come magazziniere – racconta il giovane – È la mia nuova famiglia».
Aidan è orfana ed è cresciuta in comunità: «Finalmente posso respirare un po’ di libertà – sorride – Ne avevo anche in comunità, ma sicuramente meno. Ora posso gestire la mia vita». Valentina ci tiene a sottolineare che «prepara i dolci e le torte», Nicolò che «ci sono i turni per cucinare e fare la spesa».
Sofia ha la sindrome di Down e le idee chiare: «Da settembre mi sposterò in un appartamento alla Guizza, non vedo l’ora».
I beneficiari del progetto la mattina sono impegnati in attività ricreative o lavorative, il pomeriggio sono seguiti da educatori in percorsi personalizzati.
Oltre la diagnosi
«Andiamo oltre la diagnosi – sottolinea Stefano Michelon, responsabile del progetto e coordinatore delle cooperative e fondazioni coinvolte – Sono cittadini che vogliono vivere in autonomia. Cucinano, puliscono, fanno la spesa, come in qualsiasi casa. Casa è un luogo in cui si convive, si cresce, ma anche ci si apre al territorio cercando esperienze e connessioni».
«I protagonisti sono persone con disabilità intellettiva, mentale, disturbo da uso di sostanze, nello spettro dell’autismo. Le accompagniamo in un processo di autonomia, li aiutiamo a staccarsi dalla famiglia con serenità, grazie ad un grande lavoro di rete», afferma l’educatrice Maria Chiarelli del Servizio disabilità adulti dell’Usl 6.
I genitori fanno il tifo da bordo campo: «Inserire 54 persone è una vera sfida – ha commentato il presidente del Comitato di ambito territoriale Filippo Giacinti – Siamo l’Ats che ha intercettato più fondi in Italia». Fondi che scadranno a marzo 2026. Poi per continuare bisognerà trovarne altri e chiedere un contributo importante alle famiglie.
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