Parco Galileo: o si cambia o si chiude

Il presidente Peghin: «Deve diventare la vera cabina di regia dell’ innovazione e interagire con le associazioni di categoria»

Il Parco Galileo può essere una leva strategica per sostenere la capacità competitiva delle imprese padovane a livello di innovazione, aiutandole così a combattere la grande crisi. Ma perché ciò si concretizzi dobbiamo portare i servizi per l’innovazione delle associazioni di categoria all’interno del Galileo, facendolo diventare una grande cabina di regia per i servizi legati all’innovazione e al trasferimento tecnologico».

Francesco Peghin, presidente dalla primavera 2010 del Parco scientifico e tecnologico Galileo di Padova, vuole verificare le nuove strategie per avvicinare il più possibile l’ente alle esigenze delle piccole e medie imprese del manifatturiero padovano.

Lo fa in un momento particolare, cioè alla vigilia del consiglio della Camera di Commercio di Padova, in programma domani pomeriggio alle 15. L’assise di piazza Insurrezione si presenta infuocata, soprattutto dopo le dichiarazioni rilasciate ieri al nostro giornale dal presidente dell’ente camerale Roberto Furlan.

Peghin, il Parco Scientifico Galileo è davvero pronto a cambiare marcia per essere più vicino alle imprese?

«Sì, e la strada scelta porta alla razionalizzazione delle risorse e alla sinergia fra le realtà coinvolte. Questa è la mission del mio mandato e del metodo di lavoro che stiamo portando avanti in sintonia con l’Università di Padova e i rappresentanti delle categorie economiche rappresentate nel Cda del Parco: Confindustria, Upa e Cna. Insieme, abbiamo creato un comitato esecutivo per studiare il nuovo piano strategico pluriennale e le proposte per il rafforzamento del Galileo: ciò conferma che le categorie economiche sono ampiamente coinvolte nel progetto».

Eppure negli ultimi mesi piovono critiche. Come intende ribattere?

«Non è questione di ribattere, bisogna essere costruttivi e puntare allo sviluppo, a migliorarsi sempre più. Il Parco fa attività eccellenti di trasferimento tecnologico: la Scuola Italiana Design è riconosciuta a livello nazionale, con moltissimi diplomati chiamati a lavorare nei reparti di progettazione e design delle più grandi aziende italiane. Ricordiamoci che il design gioca un ruolo fondamentale in termini di innovazione di prodotto. Lo stesso vale per Matech per i materiali innovativi, la cui rete di sportelli copre ormai gran parte dello Stivale. Questi sono dei plus riconosciuti a livello sia regionale che nazionale, sia sul piano pratico dei servizi alle imprese, sia su quello prettamente didattico. Questo l’ho potuto appurare anche attraverso l’esperienza che sto facendo in qualità di delegato per l’innovazione in Confindustria Veneto. Oggi però bisogna riorganizzare le risorse puntando sui centri più efficaci ed utili alle Pmi. Il Parco è uno di questi».

Qual è il suo progetto?

«E’ semplice, ed è contenuto nel Piano strategico realizzato dal Consiglio di amministrazione, sul quale poi i direttori delle associazioni più coinvolte in ambito di trasferimento tecnologico hanno steso il progetto che guarda avanti: è dunque un piano condiviso. L’idea è questa: portiamo nel Parco i servizi per l’innovazione e di trasferimento tecnologico attualmente interni alle associazioni. Il Parco diventerebbe una vera cabina di regia su questo fronte, così come è stato fatto anni fa con la costituzione di Padova Promex, l’Azienda speciale della Camera di Commercio per l’internazionalizzazione. Quella è un’eccellenza al servizio delle imprese e i risultati sono molto positivi. Lo stesso può diventare il Galileo, se gli si attribuiscono nuove competenze operative, relative al trasferimento tecnologico e alla consulenza in materia di agevolazioni all’innovazione. In questo modo si creerebbero progetti e interventi mirati alla piccola e micro impresa, stimolando con essa un rapporto diretto ed eliminando inutili sovrapposizioni con le attività delle associazioni di categoria. Si tratta quindi di migliorare la qualità dei servizi alle imprese grazie alle sinergie che il Galileo può sviluppare».

C’è una seconda opzione?

«No, anzi sì. Se crediamo nel Parco questa è la strada. Contrariamente, ritengo che la struttura vada chiusa, preservando però assolutamente, “spinoffandole”, le eccellenze (Sid e Matech, ndr.), unendo magari il Matech all’attività di Venetonanotech, come entità in grado di potenziarne il servizio. E rendendo indipendente la Scuola di design».

In questo caso un piccolo smembramento sarebbe inevitabile.

«Se manca la volontà delle associazioni, è chiaro. Ma ripeto, il Parco è un gioiello da preservare e se seguiamo l’esempio Promex, permettiamo alle nostre imprese di qualsiasi settore di migliorare le proprie performances a livello di innovazione di prodotto. La competitività in Italia e all’estero si vince così». (r.c.)

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