Pellegrinaggio con violenze Sei anni all’accompagnatore

Organizzava pellegrinaggi religiosi ma in almeno tre occasioni ha violentato un ragazzino, costretto a subire atti sessuali fino ad un rapporto completo quando la vittima non aveva compiuto 14 anni. Ieri Aldo Bova, 60 anni, residente a Torino è stato condannato a 6 anni di reclusione dal tribunale collegiale di Padova presieduto dal giudice Claudio Marassi che ha deciso pure che l’uomo dovrà risarcire 100 mila euro alla parte civile costituita con l’avvocato Maria Chiara Fama. Il pm Marco Brusegan aveva chiesto 6 anni e 4 mesi.
Bova organizzava viaggi religiosi, pellegrinaggi e in uno di questi ha commesso la prima violenza ai danni della vittima, all’epoca nemmeno dodicenne. Era il 2007 e il ragazzino era stato affidato dalla madre, molto religiosa, proprio a Bova per un pellegrinaggio alla basilica del Santo a Padova (da qui la nostra città ha avuto la competenza per il processo). Qui l’orco, quando il gruppo si era spostato in un giardino pubblico per un momento di svago era rimasto solo con il minore e l’aveva costretto a farsi masturbare. L’estate successiva Bova organizza un viaggio a alla struttura “Rosa Mistica” a Brescia. Anche in questo caso c’era il minore e l’imputato ha ripetuto quanto fatto a Padova. Il peggio accade nell’estate 2009 durante una visita a Carmagnola (Torino) alla “Cas Cauda”, una struttura religiosa. Qui il ragazzino viene costretto a compiere atti sessuali sull’indagato che poi lo porta all’interno di una casa di suore costringendolo ad un rapporto completo.
Il difensore dell’imputato, l’avvocato Tamara Fattore, aveva ribadito durante lo svolgimento del processo che le accuse al suo clienti erano state tardive. Il che era vero. Infatti, come ha spiegato l’avvocato Fama, il suo assistito ha conosciuto la sessualità con quei gesti subiti a distanza di tempo dall’accompagnatore. È stato successivamente, quando ha conosciuto una ragazzina, iniziando una prima relazione normale a comprendere in modo chiaro che quegli atti erano innaturali e costituivano una violenza. La stessa ragazzina lo ha spinto a raccontare quanto subito, a sporgere denuncia. Lui ha raccontato i fatti ad una educatrice di una comunità che ha informato le forze dell’ordine. Da qui è partita la ricostruzione della violenza che non è stata facile. Con la stessa vittima che aveva cercato di rimuovere quei fatti. Oltre alla condanna il giudice ha deciso l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, consegnato contestualmente alla lettura della sentenza, le motivazioni. Il primo episodio è a rischio prescrizione l’anno prossimo, ma ci sono stati molti rinvii che potrebbero averne sospesi i termini. —
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