Per 24 anni accanto al figlio in coma, ottiene un monumento dedicato al sacrificio

VIGONZA. È stato inaugurato il monumento chiamato a testimoniare il sacrificio e l’impegno di chi si dedica completamente a persone che vivono una sofferenza di lunga degenza a causa di una invalidità totale. L’opera, una scultura in bronzo che poggia su una lastra di marmo bianco di Carrara di grandi dimensioni, raffigura un albero fonte di vita su cui si ancorano gli anelli che rappresentano i collegamenti con le varie fasi della vita.
A volere il monumento con determinazione è stato un padre di famiglia di Codiverno, Sergio Barbato, che ha assistito per 24 anni il figlio Gianfranco in coma vegetativo generato da un incidente stradale occorsogli nel 1989. Il 29 agosto di quell’anno Gianfranco Barbato, allora trentaseienne, in sella alla sua bicicletta stava recandosi al bocciodromo di Mellaredo per assistere a una gara quando, all’incrocio Stecca, fu travolto da un’auto.
Venne sottoposto a intervento chirurgico, che purtroppo non riuscì a strapparlo a un destino che non gli permise di recuperare più la sua autonomia e le sue funzioni. Ma né papà Barbato, ne la moglie Antonietta e nemmeno la sorella Luisa se la sentirono di affidarlo a una struttura specializzata e preferirono trasformare la loro casa in un luogo dove seguire con amore e dedizione il proprio congiunto.
Ogni giorno Antonietta e Sergio, nutrivano il figlio col sondino e gli inumidivano le labbra e con l’aiuto di due badanti lo mettevano sulla statica in posizione verticale facilitando la circolazione. Nelle belle giornate lo portavano in giardino con la carrozzina e non c’era notte che Sergio non si alzasse a rigirare il figlio nel letto per non fargli irrigidire le membra.
Una vita per il figlio
Sergio e Antonietta si sono dedicati completamente all’assistenza del figlio, un impegno che Sergio mantenne anche quando nel 2009 morì Antonietta. Questa è la storia di una famiglia che dopo la tragedia che li ha colpiti ha saputo trasformare la sofferenza in una scelta di solidarietà in funzione della necessità di far sopravvivere nel modo più “umano” possibile il figlio con una gravissima disabilità.
All’inaugurazione mancava proprio Sergio Barbato, ospite nella Casa di Riposo Bonora di Camposampiero, struttura cui non è permesso uscire per la situazione sanitaria riferita alla pandemia. Lo rappresentava l’avvocato Marco Tonello, che ha registrato la cerimonia per potergliela far vedere. Ma c’erano il parroco, don Fernando Fiscon, che l’ha benedetta, il sindaco Innocente Stefano Marangon, gli assessori alla Cultura Greta Mazzaro e al Sociale Rosario Agricola e l’autore della scultura Gian Pietro Ceoldo.
«È la testimonianza della solidarietà che vince l’egoismo, il monumento vuole perpetrare nel tempo quello che è il valore fondamentale cristiano» ha detto il sacerdote. «È la conclusione di un procedimento delle amministrazioni precedenti che avevano assunto l’impegno solenne della sua realizzazione» ha aggiunto il sindaco «ne è scaturita una rappresentazione degna di nota, questo fattore solidaristico, questa espressione di sofferenza e di passione che poi si trasforma in solidarietà assolutamente molto significativa. Poi è stato collocato in un contesto particolarmente bello, nel Giardino Pubblico di via Monte Cengio. Dove tutti potranno soffermarsi a ricordare Gianfranco e soprattutto la grande generosità di Sergio e Antonietta».
Lo storico Patrizio Zanella ha ricordato le pedalate di Barbato in paese sempre attaccato alla sua radiolina. «Ereditiamo questa memoria di una sofferenza allungata quasi un quarto di secolo ma con una vicinanza che non è mai venuta meno» ha concluso Zanella «se qualche volta passiamo di qua non facciamolo solo per ammirare la bellezza di questo manufatto ma anche pensando a una famiglia che ha servito un figlio nella sofferenza per così tanto tempo». —
Giusy Andreoli
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