Piazza della Loggia, ergastolo a Maggi e Tramonte

VENEZIA. A 41 anni dalla strage di Piazza della Loggia, la Corte d’assise d’appello di Milano ha condannato all’ergastolo sia Carlo Maria Maggi, veneziano all’epoca dei fatti responsabile triveneto dell’organizzazione terroristica neofascista Ordine Nuovo, e Maurizio Tramonte, padovano, anche lui di fede fascista ma informatore del servizio segreto militare, il Sid, conosciuto come «fonte Tritone». A chiedere la massima pena per i due imputati era stata la sostituto procuratore generale milanese Maria Grazia Omboni nell’ultima udienza, mentre i difensori dei due si erano battuti per l’assoluzione: tra l’altro, l’80enne Maggi non ha assistito ad alcuna udienza, a causa della sua malattia è rimasto nella sua casa della Giudecca, dove per anni ha esercitato la sua professione di medico. Sono bastate otto ore di camera di consiglio alla Corte per emettere la sentenza. Prima di arrivare alle due condanne ci sono voluti ben dodici processi per tre differenti inchieste con accusati diversi, uno è stato anche ucciso in carcere perchè i camerati temevano che potesse «crollare» e raccontare ciò che sapeva, comunque, ogni volta, gli investigatori sono sempre e ripartiti dai gruppi neo fascisti bresciani o veneti.

A costringere la Corte milanese, a Brescia non c’erano più giudici che non si fossero già occupati del grave attentato, ad avviare il processo nei confronti di Maggi e Tramonte era stata la Corte di Cassazione.

I giudici romani avevano confermato l’assoluzione decisa dalla Corte d’assise d’appello di Brescia per il neofascista mestrino Delfo Zorzi, fuggito in Giappone proprio per evitare guai giudiziari e alla fine scagionato sia dalla strage di Brescia sia da quella di Piazza Fontana di Milano. Mentre ha ritenuto che i magistrati bresciani di secondo grado non avessero tenuto conto come dovevano delle dichiarazioni di un «pentito» veneziano ormai deceduto, Carlo Digilio. Il quale aveva raccontato di aver preparato di persona sia l’ordigno poi esploso in piazza della Loggia a Brescia il 28 maggio 1974 (8 morti e 100 feriti) sia quella milanese del 12 dicembre 1969 di Piazza Fontana con l'esplosivo nascosto dagli ordinovisti veneti sia in provincia di Treviso (un casolare di Paese) sia in laguna (un ristorante di Castello). Secondo le sue accuse, Maggi avrebbe ideato e organizzato l'attentato, mentre Zorzi avrebbe procurato l'esplosivo in Francia e poi nascosto in Veneto. La bomba, preparata da Digilio, sarebbe stata nascosta in casa da Maifredi, uomo dei servizi e autista dell'ex ministro dell'Interno Paolo Taviani. A consegnarla a Giovanni Melioli, ordinovista di Rovigo già implicato nell'inchiesta sulla strage di Bologna, assolto e morto anni fa, sarebbe stato il veronese Marcello Soffiati, pure lui deceduto. La fonte «Tritone» allora aveva riferito che la scelta per chi doveva sistemare la bomba nel cestino della spazzatura sotto i portici bresciani fu fatta con un'estrazione a sorte tra lui e Melioli.
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