Polemica sulla pala custodita al Santo: «Vergognoso parlare di restituzione»
L’affondo di Alessandro Urzì, deputato di FdI, sul trasferimento dell’opera di Vittore Carpaccio a Pirano, in Slovenia

«Sono indignato. Non si può parlare di restituzione. Sembra che sia l’Italia a dover sanare il dramma dell’esodo e delle foibe. Serve reciprocità. Va valorizzata l’identità italiana della Pala conservata per anni a Padova, anche se l’Istria non è più italiana».
L’affondo arriva da Alessandro Urzì, deputato di Fratelli d’Italia e capogruppo nella commissione Affari costituzionali della Camera. Al centro della polemica la pala della Madonna col Bambino di Vittore Carpaccio, per decenni esposta nel Museo Antoniano della Basilica, e che la settimana scorsa è partita per la chiesa di San Francesco a Pirano, in Slovenia, per la quale era stata originariamente realizzata nel 1518.
L’opera raffigura la Vergine col Bambino e i santi Ambrogio, Pietro, Francesco, Antonio, Chiara, Giorgio e due angeli musicanti. Sullo sfondo spicca il paesaggio urbano della città istriana, minuziosamente riprodotto. L’opera fu realizzata per il convento dei frati minori a Pirano, all’epoca parte della Serenissima.
«Quanti beni italiani o di italiani sono stati restituiti o risarciti dalle autorità jugoslave e di quelle che hanno seguito la dissoluzione della Jugoslavia? – riflette Urzì – La verità è amara e dolorosa, ma proprio nello spirito di riconciliazione che sottende il nuovo rapporto di amicizia fra i due Paesi non ci può essere “restituzione” ad una sede naturale e storica in Slovenia (o Croazia) di beni salvati alla cultura nazionale senza che, con reciprocità, sia altrettanto sincero e compiuto l’atto di restituzione o del risarcimento all’Italia del patrimonio degli italiani esodati».
Il rimpatrio della Pala del Carpaccio avverrà in concomitanza con la visita ufficiale del presidente della Repubblica Sergio Mattarella in Slovenia il 10 e 11 settembre.
Urzì si appella alle autorità tutte: «Parlerò con il governo, devono esserci dei protocolli chiarissimi. Accordi tra Paesi. Non dobbiamo scusarci perché l’abbiamo portata via».
Nel 1940, durante la Seconda guerra mondiale, la pala di Carpaccio fu messa al riparo per iniziativa della direzione generale delle Antichità e Belle arti italiana: trasportata a Villa Manin di Passariano, in provincia di Udine, vi rimase fino al 1943, quando fu trasferita al convento di Sant’Antonio di Padova. Qui fu custodita, ma mai esposta al pubblico fino alla fondazione nel 1995 del Museo Antoniano.
Secondo il deputato Urzì «gli eventi di consegna di opere espressione della cultura nazionale e istro-veneta non possono essere derubricati a gentili estemporanei omaggi senza garanzie, ma devono essere trasformati per pretesa delle autorità nazionali italiane in eventi monumentali per ricostruire consapevolezza della condivisa appartenenza culturale delle terre orientali, oggi oltre confine, al bacino culturale italiano».
«Queste consegne non devono essere eventi che si esauriscono nell’atto in sé – continua – ma eventualmente tasselli nella ricostruzione di una identità di appartenenza nazionale in cui le comunità rimaste e gli italiani di tutta la nazione possano rileggere e fare rileggere, da chi ancora nega, i tratti originali ed autentici dell’Istria. Attendendo ovviamente la reciprocità».
Il 30 agosto scorso, nella Basilica di Sant’Antonio, si è tenuto l’evento «Saluto a Carpaccio», con un intervento storico-artistico di Giovanna Baldissin Molli, una visita guidata alla pala e un concerto di musica rinascimentale.
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