Polizze fasulle dell’Unipol La Cassazione conferma le pene per i tre broker

Ai tre, a vario titolo, viene contestato di aver raggirato  circa 150 clienti creando  un buco di circa 5 milioni L’agenzia era a Monselice

SOLESINO

Assicurazioni truffa, la Cassazione dice no alla riforma della sentenza d’Appello, confermandola e condannando i ricorrenti anche al pagamento di 2 mila euro ciascuno in favore della Cassa per le ammende e al pagamento delle spese processuali. Nel 2014 in primo grado era arrivata la condanna due anni e 8 mesi per Mauro Malachin, 54 anni di Solesino, Sergio Ferraresi, 66 di Pontelagoscuro (Ferrara); a Luca Ferraresi, 44 anni residente a Stienta (Rovigo) due anni e 4 mesi (ridotta ad un anno e 7 mesi in Appello) e il pagamento di una multa di 24 mila euro. L’accusa era di associazione a delinquere truffa e al falso.



Oltre un centinaio i clienti raggirati, senza contare Unipol (agenzia di Monselice) che più di qualche danneggiato non ha esitato a portare in sede civile per riottenere il danaro investito.

Vendevano polizze vita e si intascavano i soldi. Nell’arco di dieci anni, utilizzando le attrezzature e la carta intestata aziendale, Malachin aveva siglato ben 146 polizze cosiddette extraportafoglio, ovvero mai perfezionate e riconosciute dalla compagnia assicuratrice, mentre i soldi sono finiti nelle sue tasche. Soldi mai trovati. Oltre un centinaio i clienti raggirati per un totale di circa 5 milioni di euro, secondo la ricostruzione degli investigatori. I tre con i rispettivi avvocati avevano fatto ricorso contro la sentenza d’Appello, chiedendo l’azzeramento dell’accusa di associazione a delinquere.



Gli Ermellini si rifanno a corrette valutazioni dei giudici che li hanno preceduti: «La condotta degli imputati è consistita nel porre in essere un’attività di assicurazione parallela a quella ufficiale, entrambi i giudici di merito hanno rimarcato che è proprio l’esistenza di questa struttura parallela nascosta che si ritiene spezzi il legame causale tra la condotta peraltro esente da colpa di Unipol Ass.ni, essa stessa ingannata e danneggiata dalla condotta degli imputati, e il danno subito dalle parti civili. In altri termini» aggiungono «i giudici di merito hanno ritenuto che difettasse il nesso di occasionalità necessaria, avendo considerato la condotta degli imputati estranea al rapporto lavorativo. È evidente che il fatto che gli imputati fossero dipendenti dell’Unipol e che avessero carpito la buona fede delle vittime, indotte a credere di stipulare con Unipol, concretizzavano modalità della condotta, che, proprio in quanto ricollegabile ad una struttura parallela, creata dagli imputati di nascosto dalla società, nell'ambito della quale essi agivano ai danni anche della società Unipol, è stata ritenuta estranea alle mansioni demandate dall'Unipol». —



Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova