Ponso, la devota terra di chiese capaci di resistere alla furia dell’Adige

Nel 1501 la comunità con i suoi terreni si aggrega a Este che se li fa confiscare da Venezia per le tasse non pagate 
Ponso (PD), 05 dicembre 2018 Vedute di Ponso. Nella Foto: la chiesa di Santa Maria dei Prati
Ponso (PD), 05 dicembre 2018 Vedute di Ponso. Nella Foto: la chiesa di Santa Maria dei Prati

francEsco jori

Piccoli ma devoti. Un paesino di antiche origini come Ponso, risalente quanto meno all’epoca romana come rivela un monumento funerario venuto alla luce in seguito ad alcuni scavi, riesce nella non comune impresa di tenere botta nei secoli fino a vantare nell’800 ben quattro chiese, di cui quella di Santa Maria dei Prà - chiamata dalla gente dell’epoca “la chiesazza” per il miserando stato in cui l’hanno ridotta le ripetute inondazioni dell’Adige - alla quale comunque i fedeli continuano a rimanere attaccati. La si può ammirare ancora oggi, debitamente restaurata: merita una visita, non fosse altro perché si tratta di una delle più antiche chiese campestri del Padovano.

Una parte consistente del territorio comunale viene donata nel 1075 da Azzo VI della casa degli Estensi, in quella fase molto influente sull’intera Bassa padovana, alla celebre e potente abbazia della Vangadizza di Badia Polesine: regalo da quattro soldi, perché si tratta in realtà di terre paludose, in larga parte occupate dal cosiddetto lago di Ponso e Vighizzolo, formatosi a seguito di una delle ennesime e devastanti alluvioni determinate dalla rotta dell’Adige. E tuttavia i solerti monaci, senza perdersi d’animo, si mettono all’opera per bonificare il più possibile l’area e recuperarla all’agricoltura, creando così per la popolazione locale un’alternativa alla pesca e al tradizionale allevamento del bestiame (ancora nel 1820 si trovano dei bufali), e quindi consentendo un incremento non da poco del magro reddito.

AGGREGATI CON ESTE

In un posto così piccolo e placido, collocato fuori dalle grandi vie di comunicazione, la vita scorre senza sussulti ed eventi particolari. Forse sono proprio le ridotte dimensioni territoriali che nel 1501 inducono la comunità di Ponso a chiedere e ottenere, con regolare atto notarile, l’aggregazione a quella della vicina Este, portando con sé una dote di 321 campi, ma con l’intesa che la loro rendita debba andare a totale beneficio della comunità locale. Peraltro quel patrimonio si dimezza una cinquantina d’anni dopo, per colpa proprio di Este, che ne vende una piccola parte, e che per 148 campi si dimentica di pagare le relative tasse (un ducato per ogni campo coltivato e due per ogni campo vallivo) alla Repubblica di Venezia. A quel punto la Serenissima, che in materia di fisco non scherza e non perdona anche se l’evasore è un soggetto istituzionale, requisisce la parte di proprietà fondiaria insolvente e la congloba nel patrimonio di proprietà del Magistrato dei Beni Incolti. Nonostante questo perfido bidone, Ponso mantiene il legame con Este, e torna a diventare comune autonomo solo nel 1797, dopo la caduta della Repubblica e l’avvento di Napoleone.

il brigantaggio

Inizia tuttavia proprio allora una stagione caratterizzata da pesanti problemi di ordine pubblico, a causa delle bande bene armate di briganti comuni ma anche di disertori, che infestano tutta quell’area della Bassa padovana, e alle quali le amministrazioni comunali possono contrapporre solo sparuti drappelli di volontari, antesignani delle ronde spontanee di oggi, per giunta assai male in arnese. A Ponso addirittura, alle due di pomeriggio di domenica 9 luglio 1809, una banda entra in paese, fa suonare le campane a martello, saccheggia il municipio e gli dà fuoco; poi irrompe nella casa della principale famiglia del paese, i Fracanzani, dove mangia e beve a volontà, poi finalmente se ne va non prima di aver messo a soqquadro pure la casa del sindaco. Il quale ne rimane talmente scosso, che neanche un mese dopo, il 4 agosto, dà le dimissioni e si ritira.

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