Popolare e borghese nel fine settimana rione senza servizi

Abitato da molti universitari che se ne vanno il venerdì restano i pusher, mentre la piazza non è punto di incontro
Di Elvira Scigliano

PORTELLO. È in pieno centro, a buon diritto visto che siamo all’interno delle mura cinquecentesche, ma non ha l’anima dello shopping: il Portello è abitato dai “porteati”, vecchi (pochi) e nuovi. Convivono fra loro anime molto diverse: un esercito di studenti che da generazioni affolla i dipartimenti (quasi tutto il polo scientifico) tra via Marzolo, via Loredan e giù dal Piovego; le case popolari strette nel quadrilatero (di recente ristrutturazione) via Loredan, via Vanzetti, via Marzolo e via Stratico; infine la Padova bene, fatta di professionisti, per lo più medici, che adornano le “corti” in via Santa Maria in Conio e via Belzoni. Un rione che riserva numerose sorprese. E che vive, a modo suo, in una sorta di urbana anarchia le cui regole prevedono la (quasi) totale chiusura dei negozi durante il fine settimana, tanto i residenti “bene” scappano in montagna, al mare o nelle città d’arte e gli studenti tornano a casa in tutta fretta.

Chi resta, s’arrangia. Dove c’è una concentrazione di copisterie e rilegature: 11 tra via Belzoni, via Portello e via Paolotti. Dove, di sicuro, non si muore di fame: 30 attività food tra ristoranti, pizzerie, focaccerie, fritture, kebab e (una) gelateria. E dove, da sempre, la comunità è alle prese con argini da assicurare alla criminalità, con scivoloni e devianze pericolose: prima la prostituzione minorile gay che aveva occupato via Loredan; poi, più recente, lo spaccio che ha portato i residenti a una vera e propria sollevazione popolare.

I risultati sono arrivati, con il presidio fisso (fino all’anno scorso) delle forze dell’ordine accompagnate dall’esercito. Oggi lo spaccio c’è, ma è contenuto e rispecchia un fenomeno diffuso che non salva nessun quartiere. Del resto la massiccia presenza degli studenti fa il paio con la curiosità e la voglia di sperimentare, droghe comprese. Poco stupore di fronte ai pusher che s’intuiscono agli angoli di via Belzoni e a qualche tavolino dei bar. Non troppo vistosi, ma nemmeno figure anonime, frutto indigesto del mondo universitario. Così le file interminabili di biciclette poggiate ai muri o la “tappezzeria” fatta di annunci e post. Per alcuni una forma di street art, per altri una declinazione dell’inciviltà. Dall’altra parte della barricata, il Portello è anche un rione aperto alla solidarietà, che assicura cittadinanza a numerose associazioni: la Spes e le sue ragazze madri in via Ognissanti; il patronato di Ognissanti dedicato ai bambini; l’associazione di psicologi Answers; l’associazione Pazienti obesi; una rete di associazioni sportive; il Caf; infine l’Avis e la Carity shop. Un bel concentrato di altruismo che convive fra tre negozi di parrucchieri ed estetisti; un negozio di usato; una palestra; una cooperativa che aiuta a studiare; l’edicola; la cartoleria; due tabacchi; tre pasticcerie; tre negozi di elettronica; un ufficio broker e una serie di studi professionali; 5 negozi di alimentari (Sumiti; Toniato; A&O; la signora Daniela e Metà, quest’ultimo, rivoluzionario, resta aperto perfino la domenica e batte una spicciolata di scontrini); Euro shop; la gioielleria; la macelleria; la panetteria; Ferramenta e scarpe di Silvana Zago, con i suoi 83 anni in via Portello da tre generazioni; il Libraccio e la libreria universitaria; i Carichi Sospesi e il Centro lingue; le sarte per beneficienza e tre agenzie immobiliari; gli studentati e la mensa; una filiale di Cassa di risparmio e di Banca Antonveneta; la fioriera; la profumeria. Il tutto regolato da un mercato immobiliare, tra negozi e posti letto, che assomiglia una giostra inarrestabile. Cosa manca? L’interconnessione. Sembra che ognuno viva a casa sua, poco propenso a mescolarsi con gli altri. Tra qualche marciapiede da sistemare, l’affanno nel trovare parcheggio e un commercio anonimo che si ostina a non dare vita alla recente (e dibattuta) piazza, la mancanza di relazione è il “tormento” degli artisti: da Gioacchino Bragato, colonna portante del Portello, a scrittori, musicisti, scultori, pittori e una galleria d’arte. In galleria Ognissanti hanno il loro studio Guido Rigatti (compositore) e Alessio Brugnoli (artista). Entrambi non hanno dubbi: «Il Portello si ama». Tanto che Rigatti rivela: «Dovessi andar via, andrei via da Padova». Eppure non si capacitano che i giovani non siano spinti dal sacro spirito della conoscenza, non entrino nei loro studi, non aprano all’amore del sapere.

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