Porsche e collane d’oro, il richiedente asilo si ritraeva così sui social

Il violentatore della ragazza della Repubblica Ceca. Pomeriggi tra giardini Arena e via Valeri a Padova, una realtà che contrastava con l'immagine che voleva dare di sé   

PADOVA. Peter seduto sul cofano di una Porsche parcheggiata in via Valeri, Peter appoggiato a un muretto dei Giardini dell’Arena con l’aria da rapper, Peter che sorride con le catene d’oro che gli scendono sui pettorali in passeggiata Miolati. Sono le immagini che postano molti profughi che hanno trovato ospitalità in Italia e anche Peter Chiebuka non sfugge a questo schema. Come molti connazionali cerca di proiettare un’immagine vincente a chi lo segue sui social, magari anche parenti e amici rimasti in Nigeria. Il profilo digitale è sempre vincente, proietta successo, in ogni foto sembra dire “ce l’ho fatta, ho svoltato”.

La realtà, poi, è ben diversa. Perché dietro quelle foto c’è la vita mesta nel limbo della cooperativa, in attesa di sapere se ci sarà o meno un futuro in Italia, con la precarietà dei pochi spiccioli previsti come diaria e con il solo telefonino come proprietà. . Ovviamente è l’identità digitale di Peter che ha convinto la povera ragazza della Repubblica Ceca a salire un bus low cost per venire fino a Padova, pensando già a una vita lontana dal paese natale. Una volta giunta a destinazione ci ha messo poco a rendersi conto della finzione. Non c’erano Porsche nella vita di Peter e nemmeno e nemmeno fasti da rapper. C’era solamente una casa sperduta in mezzo alla campagna della Bassa padovana, divenuta ben presto la sua prigione.

Quanto al tempo libero di questo ventiseienne nigeriano, la sua meta quotidiana era Padova, nei luoghi che i padovani identificano con due parole: spaccio e bivacco. I Giardini dell’Arena (prima della riqualificazione), passeggiata Miolati, via Valeri: la risacca di una umanità accolta e poi lasciata a sé stessa. —

E.FER.

BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova