Precipitò dal tetto, 15 anni di liti Mister anti-usura in Cassazione

vigonza
Un lavoratore caduto dal tetto di un capannone e rimasto paralizzato. Ora il contenzioso avviato davanti al giudice del lavoro per il risarcimento finirà all’esame della Cassazione: a impugnare la pronuncia della Corte d’appello di Venezia-sezione lavoro è stato l’artigiano edile Mario Bortoletto, 69enne di Vigonza, noto fondatore del Movimento contro gli abusi e l’usura bancaria (difeso dall’avvocato Stefano Barillari). In primo grado il giudice di Vicenza aveva bocciato la richiesta del lavoratore, condannandolo al pagamento di 20 mila euro di spese a favore di Bortoletto. I giudici di secondo grado hanno ribaltato la pronuncia, condannando Bortoletto a integrare con ulteriori 350 mila euro il risarcimento finora incassato dalla vittima dell’infortunio, il serbo Toni Rajkovic, oggi 43enne con residenza a Meledo di Sarego nel Vicentino (difensore l’avvocato Daniele Acebbi). Somma che, al momento, l’artigiano non ha versato.
la difesa
«La vittima non era un mio dipendente, ma un lavoratore autonomo titolare di una ditta (Edil Nays) con partita Iva e 7 dipendenti. Questo era stato riconosciuto dal giudice del lavoro in primo grado. Sua è stata la decisione di salire sul tetto in eternit di un capannone: pesando 120 chili, è successa la disgrazia» si difende Bortoletto, «Come dimostrano i documenti, io avevo dato in subappalto dei lavori al titolare di Edil Nays con regolari contratti. Lavori anche con enti pubblici»
La tragedia
È l’8 settembre 2003 quando Rajkovic arriva nel cantiere, a Peraga di Vigonza in via del Lavoro 8, a bordo di un furgone dell’impresa di Bortoletto per verificare lo stato di riparazione di un tetto. Sale sopra lo stabile e purtroppo le lastre in eternit cedono: un volo di 6 metri e il lavoratore si frattura la colonna vertebrale. Sarà costretto per tutta la vita a vivere su una sedia a rotelle. Parte l’inchiesta penale. La sentenza di primo grado viene pronunciata nel giugno 2007 e Bortoletto è condannato a 9 mesi per lesioni colpose a distanza di quattro anni dall’infortunio. Il lavoratore è riconosciuto un dipendente di fatto; Bortoletto è considerato responsabile di aver subappaltato una serie di lavori, senza fornire le attrezzature obbligatorie per tutelare l'integrità e la salute del prestatore d'opera. Ancora qualche anno prima della pronuncia in appello. Stavolta scatta l’assoluzione per intervenuta prescrizione. Al di fuori del processo la compagnia assicuratrice Toro, con la quale l’artigiano aveva stipulato la polizza, versa un milione di euro a Rajkjovic e 500 mila euro all’Inail (a titolo di rivalsa per i 2 mila euro di rendita garantiti al lavoratore). Il lavoratore promuove un causa davanti al giudice del lavoro che, in appello, vince: gli sono stati riconosciuti ulteriori 350 mila euro. Bortoletto replica: «Ho avuto le mie disavventure, da qui è nato il mio impegno nel Movimento. Ripeto non era un mio dipendente. Ora mi sembra ci sia troppa voglia di accaparrarsi danaro. Ecco perché confido nella Cassazione». —
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