Premiati dal Papa il sacrestano Arduino e la sua famiglia

Da tre secoli i Babolin servono la parrocchia di Monterosso L’insignito è pure l’artefice del ragù della “sagra del bigolo”
Di Sergio Sambi
BELLUCO INTERVISTA BABOLIN ARDUINO MONTEROSSO
BELLUCO INTERVISTA BABOLIN ARDUINO MONTEROSSO

ABANO TERME. Da 300 anni la famiglia Babolin è al servizio della parrocchia di Monterosso. Generazioni di sacrestani e campanari che hanno contribuito a rendere la vita dei parroci meno dura, specialmente nei periodi più difficili della storia della Chiesa. E per questa loro dedizione il Pontefice ha deciso, su suggerimento del Vescovo di Padova, Antonio Mattiazzo, di insignire Arduino Babolin, l’ultimo sacrestano della famiglia, della medaglia intitolata “Croce pro Ecclesia et Pontifice”, ovvero “per la Chiesa e per il Papa” una onorificenza che viene concessa esclusivamente dalla Santa Sede per premiare laici e ecclesiastici che si siano distinti per il loro servizio verso la Chiesa. La pergamena con la motivazione del riconoscimento sottoscritta dal cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato di Benedetto XVI, è stata letta con commozione durante la messa di domenica scorsa da don Danilo Zanella, parroco di Monteortone, Monterosso e Tramonte. Nel testo del documento è riportato anche il fatto che Arduino Babolin, che compirà il 29 dicembre prossimo 83 anni, e la moglie Miranda Mazzucato hanno raggiunto il traguardo dei 55 anni di matrimonio il 2 dicembre scorso. La consegna della medaglia avverrà sabato dalle mani di don Giovanni Brusegan, incaricato dalla Curia.

La dinastia dei Babolin ha inizio con il bisnonno di Arduino, che oltre a suonare le campane e servire messa aveva l’incarico di accudire a mezzadria il “brolo” del parroco, ossia i terreni dati un tempo come beneficio per il mantenimento della parrocchia. «Tutta la nostra famiglia ha continuato a lavorare nei campi e seguire le necessità della Chiesa» commenta l’anziano sacrestano «tutti abbiamo tirato la corda delle campane, io stesso l'ho fatto fin da piccolo, con i miei fratelli prima e con mia moglie poi, fino a quando sono state messe quelle automatiche. Ho visto cambiare molti parroci durante il mio incarico» prosegue «don Sergio Tedesco, don Lorenzo Pelli, don Giovanni Vaccarotto, don Claudio Savoldo per arrivare poi a don Sante Sguotti, don Giovanni Brusegan e ora don Danilo Zanella». E pare sia proprio per il comportamento tenuto durante la complessa vicenda che ha coinvolto Sante Sguotti, diventato padre, che il vescovo Mattiazzo abbia voluto dare un segnale di distensione, promuovendo l’onorificenza a Babolin, che da sempre è l’artefice anche della Sagra del Bigolo, unico tenutario della ricetta segreta del condimento per la carne del ragù, di cui è l’indiscusso preparatore.

«Ho maturato la mia esperienza culinaria già da giovane» racconta il sacrestano «lavorando dal 1953 al 1958 come cameriere negli alberghi di Abano e gestendo poi fino al 1970 un ristorante rinomato a Villa di Teolo. In quel periodo la canonica era seguita da mio fratello Silvio e da mio padre e a loro sono subentrato io fino a oggi. Continuo ancora a lavorare una vigna dalla quale ricavo l’uva per il vino da pasto e nel frattempo organizzo anche i pellegrinaggi della nostra comunità a Medjugorje e negli altri luoghi di culto». Babolin è sempre arzillo e si tiene ben riguardato. «Dovevo fare la visita cardiaca annuale proprio il giorno del pellegrinaggio. Grazie a don Danilo, che ha trovato un primario disponibile a visitarmi subito» chiosa il sacrestano «posso evitare di rinunciare al viaggio e sarò in prima linea come sempre, a fianco del mio parroco».

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