Primato nei trapianti di cuore e programma salvavita Ecmo

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Fra le attività che il Covid non ha rallentato c’è quella dei trapianti. In particolare nel Centro Gallucci dell’Azienda ospedaliera universitaria di Padova sono stati eseguiti nel corso del 2020 37 trapianti di cuore, numero che mette Padova al primo posto in Italia. Un risultato che il direttore della Cardiochirurgia rivendica con soddisfazione, sottolineando il ruolo determinante dell’intera équipe.
«I trapianti non si sono mai interrotti» conferma Gerosa, «e il risultato che abbiamo ottenuto è di particolare importanza e va condiviso con tutti i miei collaboratori, dai colleghi cardiochirurghi, agli anestesisti, infermieri, tecnici e operatori. L’anno era iniziato sotto i migliori auspici» ricorda il professore, «quando ad aprile abbiamo eseguito il millesimo trapianto di cuore a Padova».
Solo da ottobre scorso, quando la seconda ondata di Covid si è imposta, sono stati oltre 80 i trapianti eseguiti al Policlinico, fra cui 5 di cuore, 5 di polmone, 30 di fegato, di cui uno da vivente su paziente pediatrico, 48 trapianti di rene, di cui 4 combinati con trapianto di pancreas e uno combinato con trapianto di fegato. E in due occasioni è stata fatto l’espianto di organi a cuore fermo, con l’utilizzo dell’Ecmo.
«L’Ecmo viene usata in due ambiti» spiega Gerosa, «noi abbiamo il più grosso programma in Italia e fra i migliori in Europa di Ecmo per la vita, con cui di fatto salviamo la vita a pazienti che senza morirebbero. L’Ecmo garantisce la sopravvivenza fungendo da vicario della funzione cardiaca: al paziente colpito da arresto cardiaco e soccorso tempestivamente, con massaggio cardiaco esterno tramite il sistema Lucas, nel caso arrivi in Pronto soccorso senza danno neurologico, viene applicato l’Ecmo che di fatto fa il lavoro del cuore finché valutiamo l’intervento da effettuare, che può essere un’angioplastica per il recupero della funzione cardiaca, l’impianto di un sistema di assistenza meccanica o anche il trapianto. L’Ecmo così utilizzato» rileva Gerosa, «ci permette di salvare il 60% di pazienti che altrimenti sarebbero morti».
L’altro ambito di utilizzo è quello dei trapianti in cui Padova è stata apripista in Italia: «Nel caso il paziente colpito da arresto cardiocircolatorio abbia subito danni cerebrali, una volta dichiarato il decesso dopo venti minuti di elettrocardiogramma piatto» illustra Gerosa, «l’Ecmo viene usato per preservare gli altri organi garantendo la perfusione: così salviamo fegato e reni e in parte anche i polmoni, che possono venire espiantati per la donazione». In entrambi i casi l’uso dell’Ecmo richiede un’organizzazione molto complessa e un team pronto a intervenire in ogni momento, 24 ore su 2 sia a Padova che in tutti gli ospedali veneti.
Il team di cardiochirurghi diretto da Gerosa vede schierati Maurizio Rubino (vice direttore del reparto), Luca Testolin, Vincenzo Tarzia, Roberto Bianco, Cosimo Guglielmi, Assunta Fabozzo (prima cardiochirurga donna a Padova, arruolata un anno fa, ndr), Giuseppe Toscano, Matteo Micciolo, Antonio Gambino, i professori Tommaso Bottio e Augusto D’Onofrio e, come new entry, la ricercatrice Chiara Tessari. —
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