Processo al piromane che minacciava la sorella e il cognato
SANTA MARGHERITA D'ADIGE.
Processo al parente incendiario. Si è svolta la prima udienza del procedimento penale che vede imputato Enrico Lisiero, 36 anni, residente a Granze in via Giovanni XXIII 10, accusato di numerosi attacchi incendiari ai danni della sorella L.V. e del cognato G.R., 44 anni lei e 49 lui. L'udienza filtro si è celebrata martedì mattina in tribunale a Este.
Protagonisti del processo il giudice monocratico Linda Arata, il pubblico ministero Luisa Rossi e gli avvocati Stefano Fratucello e Gabriele Graziani, che difendono rispettivamente la coppia di coniugi e il sospetto piromane. L'inizio della vicenda risale al 19 febbraio 2008, quando nell'abitazione dei coniugi, in via Risorta a Santa Margherita d'Adige, qualcuno accese dei focolai usando la «diavolina». Il mese dopo, il 29 marzo, con lo stesso metodo, l'incendiario riuscì a bruciare i serramenti di una finestra e del portone del garage. Il 2 aprile, altro episodio, venne recapitato alla coppia un biglietto intimidatorio con la promessa di nuovi raid. Cinque giorni dopo un altro avviso, recapitato ad un parente della donna, annunciò come imminente l'incendio dell'abitazione. Il 10 gennaio 2009 attacco doppio: a fuoco la macchina della signora e lancio di una bottiglia incendiaria nei pressi della casa. I sospetti cominciarono a cadere su Lisiero, che più volte aveva minacciato ritorsioni per una storia di eredità, arrivando persino ad incolparsi degli atti piromani. Ogni dubbio venne sciolto il 9 aprile 2009: nella notte una figura, non subito riconosciuta, scavalcò la recinzione della casa di via Risorta e versò la benzina contenuta in una bottiglia contro una porta dell'abitazione. Un attimo prima di appiccare il fuoco, il piromane venne però scoperto dal padrone di casa e ne seguì una colluttazione. G.R., colpito alla testa prima con un corpo contundente e poi a mani nude, dovette farsi ricoverare all'ospedale di Vicenza, dove le ferite alla testa vennero giudicate guaribili in 15 giorni. Lisiero in quella occasione era stato riconosciuto, ma non bastava per incastrarlo. La sorte, però, aiutò la coppia: il piromane aveva infatti perso un cappello. L'indumento venne consegnato alla polizia giudiziaria, che attraverso opportune tecniche (affidate alla dottoressa Luciana Caenazzo consulente della Procura) arrivò a delineare il profilo genetico grazie al sudore lasciato trovato nel berretto e sul collo della molotov. Il profilo genetico dell'attentatore era lo stesso attentatore dell'uomo che aveva aggredito il padrone di casa, cioè Lisero. Ora il trentaseienne di Granze dovrà difendersi dalle accuse di violazione di domicilio aggravata, tentato delitto, incendio e lesioni aggravate. La parte civile ha inoltre chiesto la valutazione dei danni subiti dall'abitazione e dal cognato picchiato nell'ultimo attentato.
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