Prodi a Padova: "Migranti, tragedia immane"

PADOVA. «Ho parlato tanto di Africa in quest’aula solenne dell’università di Padova, ma la tragedia con i 900 morti del canale di Sicilia è immane, purtroppo non è la prima, speriamo che sia l’ultima, ma la situazione è tragica». Romano Prodi, ex premier ed ex presidente della Commissione Europea, non apre polemiche dirette né con Bruxelles né con il governo italiano, che ha ipotizzato di sparare sui barconi dei trafficanti per bloccare l’esodo e la tratta dei profughi dalla Libia verso l’Italia. Quando sente parlare di «blocco navale» il «padre dell’Ulivo» e dell’allargamento ad Est dell’Ue che oggi conta 28 Stati ribatte: «Spiegatemi bene cos’è» e poi definisce «positive ma modeste» le misure adottate perché il grande vuoto da colmare è proprio l’azione coordinata in materia di immigrazione che stenta a decollare.
L’Italia è stata lasciata sola a fronteggiare la fase drammatica dei paesi del Nord Mediterraneo, sconvolti da rivoluzioni e guerre tribali che nell’arco di 4 anni hanno cambiato la scacchiere geopolitico del Magreb e della Siria, assediata dai terroristi dell’Isis. Come si può fermare l’esodo biblico, destinato solo ad aumentare nei prossimi anni, fino a sconvolgere i paesi sub-sahariani e del Corno d’Africa? Prodi è stato commissario Onu in Mali ma la solidarietà internazionale si è inceppata sotto i colpi della crisi. Bisogna quindi farla ripartire e il primo atto diventa l’aumento dei fondi destinati a Triton, che passa da 3 a 6 milioni al mese, nettamente inferiore a Mare Nostrum che poteva contare su 9 milioni al mese, stanziati tutti dal governo italiano. Al vertice straordinaio di domani a Bruxelles, l’ex leader dell’Ue chiede interventi immediati: «Se non si agisce adesso non so quando si agisca. Perché tutti hanno paura del terrorismo, i cinesi, i russi, gli europei, gli americani. Se non è questo il momento di un accordo per controllare i territori che ora sono in una situazione anarchica, quando arriva questo momento? Non è che bombardando risolvi i problemi, ma asciugando le fonti di finanziamento», ha detto l’ex presidente del consiglio a «Radio anch'io».
Il cuore del problema si chiama Libia, divisa in fazione con due governi: Egitto, Francia e i paesi del Golgo sostengono Tobruk, mentre la Turchia si è schierata con Misurata-Tripoli. «Occorre che le grandi potenze dicano a tutti i paesi su cui hanno influenza di smettere di finanziare con acquisti o finanziamenti il terrorismo», ha detto Prodi.
Il professore ha poi sottolineato che ci sono numerosi Paesi che «sono in Libia con la loro influenza indiretta o diretta che rende più complicato l'accordo. Poi rimane un problema tragico di lungo periodo di gente che fa la fame e preme alle nostre porte per emigrare. Ma il problema è per noi tornare alla situazione precedente al caos degli ultimi anni, quello causato dalla guerra in Libia, per potere dare ordine».
Infine, la questione del blocco navale: «Quando sento parlare di blocco navale chiedo subito agli esperti sulla sua fattibilità, i modi e gli strumenti che si usano e non ho nessuna risposta operativa. Spiegatemi cos'è il blocco navale e potrei avere un'idea. Non si può ripetere il modello dell'emergenza profughi dell'Albania, che ha coinvolto proprio il governo Prodi negli anni Novanta? In Albania c'era una «situazione completamente diversa. Sull'Albania c'era un accordo con il Paese, per cui siamo riusciti a gestire la missione Alba», ha spiegato il professore. In Libia, invece, è necessario «un accordo tra le potenze che stronchi e che obblighi ad un accordo i due governi ma finché ci sono paesi che sostengono un governo e altri che sostengono un altro governo, è difficle fare l'accordo».
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