Quei piccoli uomini che si fanno dittatori

Kim Jong-Un non è un esotico scioglilingua, né un gioco suggestivo tipo il Tamagochi, è un ragazzo diventato presidente, alla morte del padre, della Corea del Nord ed è il personaggio sorprendente e inquietante che ha annunciato, così come si fa nel gioco del Risiko, un imminente attacco agli Stati Uniti. Ciclicamente il nostro pianeta è attraversato da un ingombro di personaggi carichi di nazionalismo, di populismo o di narcisismo tendente a quella patologia che ricorda tanto i cosiddetti “matti” di cui parla lo psichiatra e scrittore Mario Tobino, che si sentivano Napoleone, Gesù, il pontefice. Ciclicamente c’è qualcuno che decide di possedere doti, qualità, straordinarietà tali da poter gestire il mondo totale, parziale, o, più semplicemente, l’orto del vicino. Kim Jong-il ricorda tanto l’Hitler interpretato da Charlie Chaplin, che giocava a far rimbalzare il mappamondo, ironia straordinaria di quelle figure che diventano, per congiunture e incroci della storia, dittatori, vessatori di popoli, fautori di genocidi, fenomeni frequenti da un po’ di tempo in giro per Africa e Asia, ma che stanno facendo capolino anche nell’Europa dell’Est e dintorni. Personaggi fragili, maniacali, ossessivi, ma dalla precisione millimetrica nel saper organizzare i vuoti istituzionali di un Paese, personaggi che sanno proiettare sogni salvifici in economie sterili, sono, queste, configurazioni psicologiche da sempre presenti nel soggetto debole che diventa forte fino alla crudeltà di fronte al proprio popolo in un contesto in cui la povertà diventa un’opportunità perché chi non ha nulla difficilmente è in grado di organizzare movimenti o rivolte. Lenin stesso apparteneva all’aristocrazia russa, ma anche Che Guevara aveva lignaggio ragguardevole, e lo stesso Hitler era un borghese con tutta l’ambivalenza delle proprie origini; probabilmente questo nuovo dittatore coreano ha il forte bisogno di dimostrare qualcosa, magari a chi non c’è più, come ad esempio il padre, dominante. Si gioca con il mondo, si gioca con il dolore e la morte, ma le dittature sono eventi visibili, prevedibili, perché nascono dall’incertezza sociale, dalla scarsa attenzione dell’opinione pubblica, dal desiderio sempre presente di cercare soluzioni magiche per affrontare la realtà.
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