Quella storia gay nella Romania post '89
Il libro: il rumeno "padovano" Rusu racconta l'amore omosessuale nella Bucarest del dopo-Ceausescu

La copertina del libro
Bucarest, 1992: l'amore di due ragazzi nella Romania post-Ceausescu, dove l'omosessualità era un reato inserito nel codice penale. E dove i primi imprenditori veneti sbarcavano per fare affari o iniziare la delocalizzazione delle proprie aziende. E' in libreria da qualche giorno Quei giorni a Bucarest (editore Playground), romanzo di Stefan B. Rusu, giovane romeno trapiantato a Padova da dieci anni.
Rusu, supportato nella scrittura dall'editor romano Angelo Bresciani, ha ripercorso nella storia dell'amore tra Nicu, studente della facoltà di giornalismo, e Daniel, diciassettenne liceale figlio di un professore universitario, buona parte degli anni della sua adolescenza nella capitale romena, proprio nel momento storico della transizione tra il regime del «satrapo sanguinario» Ceausescu e una fragile democrazia segnata dalle rivolte dei minatori represse nel sangue dal governo di Ion Iliescu.
Ma più che la fase storica è il mood ad essere pienamente rievocato nel romanzo. Lo stato emozionale di una generazione di passaggio, con tutta la fatica di capire aspetti e problemi di quell'occidentalizzazione tanto aspettata. E che quando l'attesa diventa realtà si scopre completamente diversa da quella creduta. Vivono nelle pagine del libro oggetti che oggi sono diventati cult per gli amanti del vintage sovietico: le sigarette Snagov, la macchina fotografica Smena Simbol con cui Gabriel raccoglie istanti di vita quotidiana della sua città, i film come Declaratie de dragoste («Dichiarazione d'amore»), pellicola amatissima dai giovani romeni post-rivoluzionari. E c'è l'avvenimento che forse più di tutti caratterizzò l'esistenza di un'intera generazione: l'arrivo a Bucarest, il 28 settembre del' 92, della stella del pop Michael Jackson, il primo cantante americano ad esibirsi davanti ai teenagers romeni.
Nel contesto storico si inserisce la storia di Nicu e Gabriel, un legame forte e passionale, contrastato e a volte anche osteggiato con la violenza e i soprusi. Perchè «in Romania non esistono omosessuali». A far da contrasto, simbolo della «libertà» occidentale, è Vittorio, piccolo imprenditore padovano che delocalizza l'azienda e raddoppia la «famiglia». Ha un compagno in Italia ma è anche il primo fidanzato di Nicu, che ospita in casa e riempie di ambiti regali «occidentali». Nella sua ambiguità avrà occasione di sperimentare il distacco e la rabbia, riscattando infine quel senso del possesso che caratterizza gli italiani, e i veneti in particolare, diventati «padroncini» tra Bucarest e Timisoara.
Quella tra i due ragazzi è però, a dispetto della fase storica, un legame amoroso non tragico, ma allegro, sincero e positivo. E se anche oggi essere omosessuali in Romania non è affatto facile (l'ultimo gay pride di Bucarest ha visto 300 manifestanti e 800 poliziotti), è il segno della lenta maturazione di un popolo che fa della «latinità» un motivo di orgoglio nazionale.
Un popolo che sotto il regime ha sviluppato alcune straordinarie capacità. Come quella di dire senza parlare, di essere «strateghi della conversazione» per dirla con le parole di Rusu. Una caratteristica che si ritrova, a dispetto della cultura leghista, anche tra i «padani», e che sigillerà nelle pagine del libro l'amore di Gabriel e Nicu.
Stefan B. Rusu e Angelo Bresciani
«Quei giorni a Bucarest»
Playground editore
11 euro
«Quei giorni a Bucarest»
Playground editore
11 euro
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