Ricercatrice della Normale: "Nella Cappella degli Scrovegni trovata la grafia di Giotto"

L'annuncio di Giulia Ammannati: "Sua una parte dei testi che corredano le allegorie dipinte nello zoccolo delle due pareti laterali"  
MARIAN - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - NUOVE TOMBE CAPPELLA SCROVEGNI
MARIAN - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - NUOVE TOMBE CAPPELLA SCROVEGNI

PISA. «Credo di aver individuato la mano di Giotto scrivente». L’annuncio è di Giulia Ammannati, ricercatrice di paleografia alla Scuola Normale Superiore, già autrice di importanti scoperte, fra le quali la lettura del graffito che posticiperebbe l’eruzione del Vesuvio che nel 79 d.C. flagellò Pompei, l’identificazione del misterioso autore della Torre pendente di Pisa, o la decifrazione e il recupero dei testi nella Cappella degli Scrovegni a Padova, affrescata da Giotto.

Proprio da questa esperienza, un lungo studio che ha trovato compimento nel 2017, la ricercatrice fiorentina, mossa dalla curiosità, ha dato avvio a una nuova indagine e ora è arrivata a identificare la "grafia" del pittore duecentesco, anticipatore del Rinascimento, che, come scrive Boccaccio nel Decameron, sempre rifiutò «d’esser chiamato maestro».

Eppure, nel recente studio «La A di Giotto», pubblicato nell’ultimo numero della rivista scientifica «Immagine e Parola», Giulia Ammannati dimostra che Giotto fu un autentico magister anche nell’organizzazione di quel cantiere parallelo, di solito considerato secondario, dedicato alla scrittura di testi e cartigli esplicativi delle immagini sacre dipinte sulle pareti chiese, cappelle oppure su oggetti mobili come i crocifissi.

Nelle quattordici didascalie poetiche che corredano le allegorie dipinte da Giotto nello zoccolo delle due pareti laterali della Cappella degli Scrovegni (1303-1305), la ricercatrice individua e isola quattro mani «che si spartiscono ordinatamente il lavoro».

Da subito le appare evidente che la "mano A" esegue i testi più importanti («le prime quattro virtù: Spes, Karitas, Fides e Iustitia») e che «la distribuzione del lavoro riflette una chiara gerarchia fra gli scriventi». Una mano che «spicca di gran lunga su tutte per armonia, abilità e padronanza esecutiva», con un ruolo guida evidente e con interventi in situazioni di particolare impegno prospettico.

In questa mano, la Ammannati legge «una facilità di disegno che assicura risultati di grande equilibrio ed eleganza» e che ha tratti molto riconoscibili anche in altre opere attribuite a Giotto: per esempio, nella Sala del Capitolo della Basilica del Santo, sempre a Padova, da lui affrescata prima dell’esperienza agli Scrovegni, e prima ancora a Rimini, nel titulus del Crocifisso oggi nel Tempio Malatestiano.

Le scritte di questa mano ("mano A") si ritrovano naturalmente anche ad Assisi, nella Cappella della Maddalena nella Basilica Inferiore, nella Cappella Peruzzi di Santa Croce a Firenze o nel Polittico Stefaneschi eseguito intorno al 1320 per l’altar maggiore della Basilica di San Pietro in Vaticano.

«Se da un lato - spiega la ricercatrice - è logico ipotizzare che la ’mano À possa essere di un allievo o di uno stretto collaboratore di Giotto che lavora nella sua bottega per oltre vent’anni affiancandolo nei diversi cantieri, abbiamo sufficienti e sicuri elementi per immaginare che questa sia la mano dello stesso Giotto. L’elevata qualità formale ed estetica, il suo ricorrere nelle tappe cruciali della carriera giottesca per oltre due decenni, le modalità d’intervento che selezionano i corredi testuali di maggior pregio letterario o estensione, i punti di particolare rilievo o difficoltà tecnica sono tutti dati perfettamente compatibili con la mano di Giotto più che con quella di qualsivoglia collaboratore o allievo».

Un sostegno in più per questa ipotesi viene trovato da Giulia Ammannati nella tavola del Louvre, con le Stimmate, "firmata" da Giotto. E conclude: «Dobbiamo abituarci a pensare che, per Giotto, dipingere scrittura non fosse necessariamente operazione minore, di contorno, da delegare a collaboratori specializzati, ma occasione di diretto interesse anche dal punto di vista intellettuale».

 

 

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