Una mattina con i rider in bici a fare consegne sotto il sole: «Non ci sono alternative»
Il nostro reportage in giro per Padova. Tra una consegna e l’altra ci sono anche gesti di gentilezza: «Spesso la gente ci regale bottigliette di acqua fresca»

Si piazzano un po’ dove capita all’ombra, anche sehanno dei punti di ritrovo comuni. I portici accanto al Bo, le scalinate di palazzo della Ragione, qualcuno anche in via Roma davanti alle vetrine della Galleria Samonà. L’importante è che ci sia ombra e un po’ d’aria. I rider padovani affrontano così i turni di lavoro dell’ora di pranzo, con pause al fresco (per quanto possibile, date le temperature) tra una consegna e l’altra.
«Lavorare in queste condizioni è dura, le consegne sono poche e il sole brucia la pelle», racconta Sayed Amarabbas, pachistano, a Padova da cinque anni.
L’italiano, spiega, l’ha imparato per strada in sella alla sua bici. «Vivo qui con i tre figli e mia moglie – racconta l’uomo in attesa di ritirare un’ordinazione in una nota caffetteria di piazza delle Erbe – E devo pagare ogni mese l’affitto, le bollette, le tasse, e mantenere la famiglia. Non potrei comunque permettermi di smettere di lavorare, anche se fa caldo».

Sayed è un operatore che lavora in esclusiva per Glovo. Anche lui il 1 luglio aveva ricevuto la mail che annunciava il bonus per chi lavorava al caldo.
«L’aumento delle temperature in diverse zone d’Italia ci impone di prestare particolare attenzione a chi lavora all’aperto», recitava il messaggio, che anticipava un aumento tra il 2% al’8% sul tariffario per ogni consegna, in relazione alle fasce di temperatura. Un aumento che si sarebbe tradotto in un minimo di cinque centesimi in più a consegna. Decisione che ha scatenato polemiche e duri attacchi dai sindacati, che hanno chiesto dei tavoli di incontro con le aziende del settore.
Del 3 luglio è la notizia che Glovo, per ora, ha ritirato la proposta del bonus fino alla conclusione delle trattative.
«Alla fine si parlava di pochi centesimi per lavorare sotto il sole – osserva Sayed – Fanno comodo, ma non avrebbero fatto la differenza per me», aggiunge.
Sono le 12.12 quando entra nella caffetteria con il numero di un’ordinazione. Pochi secondi dopo ne esce con una busta di carta che carica nello zaino giallo. Saluta amichevolmente con una stretta di mano, sorride e spinge la prima pedalata mentre con un sottofondo di motore elettrico guizza via tra le strade del centro.
Tira meno aria, me è più tranquillo sotto il portico del Bo, in via San Francesco. Lì tre rider attendono la prossima consegna sfogliando notifiche dei social e ascoltando musica con gli auricolari. Un signore sulla sessantina, padovano, si avvicina a loro e gli offre una le bottigliette di acqua che regge in mano: tre, una ciascuno. Poi, silenziosamente, sparisce.
«Capita spesso, a dire il vero», risponde Ahmad Zeeshan, pachistano pure lui e in Italia da quindici anni. In spalla si porta dietro lo zaino turchese di Deliveroo. «Non è raro che ci siano persone che ci portano acqua o altre bevande a quest’ora, specialmente questi ultimi giorni», osserva.

Atti di casuale gentilezza, solidarietà per lavoratori costretti – per pagare le bollette, o aiutare la famiglia – a lavorare anche nelle giornate più calde dell’anno. Sui rider non ricade l’ordinanza regionale che impone misure per salvaguardare la salute dei lavoratori costretti a lavori faticosi sotto il sole: rientrano solo i lavoratori del settore agricolo, florovivaistico ed edile. Non tutti i rider, però, credono che il caldo sia un problema.
«Sono tornato due settimane fa da Peshawar, dove sono rimaste a vivere mia figlia, mia moglie e i miei genitori – racconta Ahmed – Lì fa caldo davvero. Le temperature sono soffocanti e in confronto qui si sta quasi bene». Alla sua posizione fa eco un collega, sempre in uniforme turchese, Ikram Zawareed, del Bangladeh. È in Italia da pochi mesi, ma ha imparato la lingua con un corso nel suo paese: «È vero, fa caldo, ma bevendo acqua è sopportabile», riflette. Questione di prospettive, si potrebbe supporre.
Nel frattempo, prima ad uno, poi all’altro, arrivano dei messaggi. Il loro servizio è richiesto: uno inforca la bici verso le piazze per raccogliere la spesa di un residente dell’Arcella. Un minuto dopo parte anche Ahmed, direzione stazione. «Lavoro alla Fincantieri, a Mestre, e questo lavoro per me serve solo per arrotondare – conclude – Tutto quello che guadagno con Deliveroo lo mando alla famiglia». Un altro saluto cordiale, una stretta di mano e un sorriso. Poi sale sulla bici e sparisce tra pedoni e turisti sul Liston. —
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