Rosy Bindi: «La lotta di Tina Anselmi contro la P2, un esempio di coraggio»

La battaglia di verità con la commissione d’inchiesta: «Ci ha insegnato a non abbassare la guardia: mafia e poteri oscuri sono attuali»

PADOVA. Onorevole Rosy Bindi, Tina Anselmi ha guidato dal 1981 all’85 la commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2 di Licio Gelli. Lei, che oggi presiede la commissione Antimafia, raccoglie quell’eredità.

«No, gli eredi sono tutti coloro che, riconoscendo il valore di questa donna e il suo servizio al Paese, tentano di ispirare il loro impegno ai valori della Costituzione, valori che hanno sempre guidato Tina Anselmi».

Un’eredità collettiva dunque: il testimone passato a tutti gli italiani.

«L’eredità politica è di tutti coloro che riconoscono il suo valore e che si riconoscono nella storia di questa Repubblica; Paese che lei ha servito per tutta la vita. Ciascuno di noi deve impegnarsi a fare la propria parte».

Tina Anselmi può essere considerata l’antesignana della lotta al marcio nelle istituzioni della Prima Repubblica?

«Va considerata tutta la parabola della sua vita. Ha iniziato facendo la staffetta partigiana e quindi combattendo il volto forse più crudele del potere, quello del nazifascismo; ha costruito la Repubblica italiana come democratico-cristiana con un comportamento esemplare che tra l’altro ha aperto la strada a tante donne nella vita politica del Paese; ha servito da ministro le istituzioni. E non è stata semplicemente il primo ministro donna, ma il ministro che ha fatto riforme fondamentali, riforme che fanno impallidire molti uomini che sono stati ministri prima e dopo di lei. Fra tutte ricordo la riforma della sanità. Come incarico conclusivo ha guidato la commissione P2 e ha combattuto anche lì il volto oscuro del potere che è quello più pericoloso; volto oscuro che era presente nella vita del nostro Paese e che continua in qualche modo anche oggi, anche se in forma forse meno minacciosa. Ma come lei ci ha insegnato, non bisogna mai abbassare la guardia. Il suo impegno politico è stato sempre caratterizzato da grande onestà, grande rettitudine, grande schiena dritta, grande forza, grande coraggio, ma anche grandissime capacità. Era donna intelligente, abile, non era facile metterla in difficoltà».

Una donna con la schiena dritta, ma che deve aver subito molte pressioni durante la sua carriera politica, soprattutto quando è stata presidente della commissione P2. Gliene ha mai parlato?

«Credo che non ci sia bisogno di confidenze private: è stato chiaro che lei ha avuto un grande apprezzamento popolare, ma anche grandi conflitti, grandi contrasti e grandi resistenze. Il suo lavoro è stato determinante, la stessa magistratura a un certo punto si fermò. La verità su quelle trame di potere, l’ha portata avanti lei e l’ha portata alla luce lei, con la sua commissione d’inchiesta».

Cosa resta oggi di quel lavoro sui poteri oscuri, onorevole? È rimasto molto o molto resta ancora da fare?

«Lei ha portato alla luce del sole la verità di quegli anni. Come lei ci ha insegnato, la guardia non va mai abbassata perché le massonerie deviate continuano ad esserci in Italia. Non saremmo il Paese che ancora - nonostante i grandi risultati raggiunti e il sacrificio di molte persone - non è riuscito a sconfiggere le mafie se, appunto, non ci fossero poteri che collaborano in maniera oscura con le stesse. E oggi si torna a parlare di un accordo che sta diventando strutturale tra le mafie e le massonerie deviate. Resta, del suo insegnamento, la necessità di non dare mai per scontati i risultati raggiunti. E resta il coraggio che lei ha avuto, di non fermarsi davanti a nessuno. Per servire la democrazia e la libertà di un popolo bisogna far così, non c’è altra strada. Ci ha insegnato il valore della laicità e della buona politica».

Si può definire Tina Anselmi una moralizzatrice?

«Tina Anselmi ha vissuto le due dimensioni della moralità in politica: da una parte l’onestà e dall’altra la capacità; ha coniugato i due aspetti della moralità in politica».

Anselmi parlava della democrazia come di un bene delicato e fragile: è ancora così?

«Sì, è un messaggio molto attuale perché i valori della Costituzione vanno serviti e incarnati nei vari periodi storici. E tutti i periodi presentano le loro potenzialità e le loro insidie. Questo Paese ha vissuto il terrorismo e i poteri occulti, ha le mafie e ha la corruzione. Anselmi, da molto tempo inchiodata al silenzio dalla sua malattia, non ha potuto darci suggerimenti, ma la sua vita ci indica una strada. Ed è quella della fedeltà ai principi, la capacità di capire come essi devono essere inverati in una situazione storica. Una realtà che oggi presenta due altissimi rischi: il livello di corruzione che ancora è così diffuso e sistemico nel nostro Paese e la necessità di ritrovare un rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni, tra cittadini e politica. Diversamente, se non viene ritrovato dialogo e confronto, rischia di sfociare nel populismo».

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