Salboro, dove la campagna ci ha lasciato il cuore

Dove la campagna ci ha lasciato i cuore. Magari un tantino spezzato e spiazzato ma ancora pulsante e vitale, tanto che Salboro è ancora terra contadina: aziende agricole storiche continuano a lavorare e sono nate attività a vocazione biologica i cui prodotti sono molto richiesti.
Un rione di Padova che è un vero paese, che del paese ha tutte le caratteristiche forse più di ogni altra zona della città. E come in ogni paese che si rispetti, sopra a tutto valgono le regole del buon vicinato, della lunga conoscenza, della rete sociale che è destinata ad allargarsi. Salboro infatti è diventata una zona ambita dalle giovani coppie che stanno mettendo su famiglia e cercano casa in un luogo accogliente, dove non vivere in appartamenti asfittici ma magari avere un francobollo di giardino senza spendere cifre inarrivabili.
E, pensando ai figli, il rione è dotato di tutte le scuole, dall’asilo nido da poco aperto, all’elementare alla media. Il che non è poco. Altra anomalia, Salboro è una zona dove vivono pochissimi stranieri, la percentuale minore rispetto a tutti i rioni di Padova.
Quello su cui insistono i residenti, la pecca a cui peraltro non sarebbe così difficile por rimedio, è la mancanza di spazi per la collettività, di sale pubbliche dove organizzare rassegne, iniziative singole, dove riunirsi, o magari da destinare alla terza età. Terza età sempre più attiva, sempre più numerosa e portatrice di legittime richieste ancora troppo poco ascoltate. A Salboro come nel resto della città.
E poi c’è quel piccolo gioiello che è l’oratorio di San Michele arcangelo a Pozzoveggiani, un luogo di antica storia e grande suggestione che vale la pena di conoscere: nella pagina a fianco l’architetto Mario Bortolami, che di quel sito tutto conosce e addirittura per passione quando capita fa da guida, ne riporta in sintesi l’avvincente storia, tra arte, mistero e fede.
(a.pi.)
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