Sant'Antonio, il pane dei poveri non basta più

Seguite ogni settimana più di sessanta situazioni di difficoltà. Don Bizzotto: «Partire dalle persone, non dalle risorse»
PD 13 giugno 2003 G.M. Processione di San Antonio Basilica (COMELLO) Processione S antonio - Comello
PD 13 giugno 2003 G.M. Processione di San Antonio Basilica (COMELLO) Processione S antonio - Comello

PADOVA. Sant’Antonio non ha più pane. O meglio non ne ha abbastanza per tutti i poveri che ogni giorno bussano alla sua porta. «Noi», ha precisato ieri a palazzo Moroni, padre Salvatore Ruzza, direttore dell’Opera Pane dei Poveri della Basilica del Santo, «distribuiamo i buoni pasto per le Cucine economiche, ma solo agli extracomunitari; la Caritas pensa alle necessità degli italiani. Dopo un po’ di giorni però le persone devono arrangiarsi».

Ma insieme alla richiesta del pane quotidiano, all’Opera arrivano tante altre richieste: alimenti di prima necessità, le bollette da pagare, le spese sanitarie. Il Pane dei poveri segue una sessantina di persone la settimana, vi lavorando dieci operatori tra frati, suore e volontari. «Fino a un anno e mezzo fa», è l’allarme lanciato da padre Ruzza», «eravamo in grado di dare una risposta a tutte le domande che ci venivano presentate. Ora non è più possibile, la situazione negli ultimi tempi si è particolarmente aggravata. Abbiamo dovuto prendere appuntamenti: a fine maggio avevamo già riempito l’agenda fino a luglio. Francamente non sappiamo cosa succederà a settembre. E’ una situazione che ci imbarazza».

Don Albino Bizzotto, “anima” dei Beati i costruttori di pace e promotore della conferenza stampa delle associazioni che operano sulla trincea della solidarietà, mette il dito nella piaga: «Le istituzioni ripetono che “il sistema tiene”, ma chi tocca con mano la realtà si accorge di un universo di persone che non ce la fanno più a pagare l’affitto, le bollette o la rata del mutuo. Molti sono immigrati. Intanto le risorse a disposizione calano: ma non diminuiscono, semmai aumentano, i bisogni delle persone». Solo quest’anno i “Beati” hanno contributo con 37.000 euro alle difficoltà di 2.900 famiglie, ovvero di 10.000 persone.

Snocciola numeri preoccupanti anche don Luca Facco, direttore della Caritas diocesana: «Siamo in contatto con 3.000 persone. Nel 2011, da gennaio a maggio, abbiamo aiutato 256 persone, con 10.000 euro; quest’anno, nello stesso periodo, sono già diventate 316, con 15.000 euro. Ma il ritardo nel pagamento della bolletta è spesso il sintomo del problema: ma non possiamo mettere un cerotto per chiudere una voragine».

Mara Bedin, di Federconsumatori, non usa giri di parole: «Basta che venga a mancare uno stipendio e, nel giro di due mesi, una famiglia che già eroso i propri risparmi non riesce più a reggere la situazione. Ad aggravare il contesto ci sono poi i distacchi illegittimi delle utenze per morosità, attuati dalle aziende di servizi, che trattano le persone non da cittadini ma come clienti. Vedo continuamente famiglie che non sanno come pagare bollette superiori a 2.500 euro. Giovedì ne sono arrivate tre: da 6.800, da 3.800, da 2.750. I destinatari sono nuclei familiari normali; spesso si tratta di mancate fatturazioni che con il passar del tempo diventano cifre strabiilianti. E non perché non si voglia pagare: gli interlocutori sono call center che somigliano a “muri di gomma”».

Alessandra Stivali della Cgil sottolinea il dato della crescente disoccupazione: «In Italia siamo al 10,9%, ma le cifre venete non ci confortano. Gli sfratti per morosità sono aumentati del 64% negli ultimi cinque anni; dobbiamo mettere in piedi una task force per il lavoro. Il 61% degli italiani non riesce più a risparmiare».

Condivide le preoccupazioni Marco Ferrero, presidente provinciali delle Acli: «Due mesi fa, a una carrozzeria, è arrivata una bolletta di 20.000 euro. Ecco, basta una situazione del genere per mettere in ginocchio un artigiano».

Chiosa il filosofo Umberto Curi: «Siamo di fronte a una vera e propria situazione di emergenza sociale di fronte alla quale dovrebbe rispondere un sistema politico che si rivela inadeguato e completamente ripiegato su se stesso».

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