Sara rise davanti a Dio e fu l’inizio dell’ironia

«Rido ergo sum»: viaggio nell’humour degli ebrei
Di Roberta De Rossi

di Roberta De Rossi

VENEZIA

All’inizio - narra la Torah - fu la risata, autoironica e incredula della novantenne Sara, che non si era trattenuta quando il Signore disse ad Abramo che lei gli avrebbe dato un figlio, Isacco (“riderà” in ebraico) nonostante l’età da bisnonna più che da madre. Poi - narrano le cronache - a far ridere per davvero il mondo sono arrivati i fratelli Marx, Mel Brooks e Woody Allen. Nei secoli, un filo leggero ha intessuto la storia tragica del popolo ebraico: il gusto per l’autoironia e la battuta fulminante, un piacere quasi necessario di cercare in una risata (magari amara) la forza per andare avanti e per cercare di incontrare l’“altro” sul terreno dello humor.

Ed è proprio questo . witz, che anima la XIII Giornata europea della cultura ebraica, il 2 settembre, dal titolo “Rido ergo sum. L’umorismo ebraico” e nella quale Venezia - con la sua comunità ebraica, prossima ai 500 anni - sarà città capofila tra le 64 che aderiscono all’iniziativa.

Saper ridere pur nella tragedia: un’arma di autodifesa nella storia degli ebrei, che la cronaca di queste ore - con l’attentato in Bulgaria al pullman di turisti israeliani, fatto saltare in aria da un kamikaze - rende drammaticamente attuale.

«Parlare di umorismo mentre piangiamo questi morti non è una contraddizione, né mancanza di rispetto, anzi», commenta Amos Luzzatto, nel presentare il programma della Giornata, «è un momento non facile, i pericoli ci sono e dobbiamo ricordare con dolore e sdegno queste ennesime vittime, ma abbiamo l’obbligo di continuare a vivere la nostra vita senza esitazione o sarebbe un cedimento alla violenza. Malgrado tutto, dobbiamo continuare a sviluppare cultura e istituzioni come se i pericoli non ci fossero, per farci conoscere, far conoscere la nostra cultura e quel che ci unisce». «L’umorismo ebraico non è comicità, né un’antologia di barzellette», prosegue Luzzatto, «ma il modo tradizionale di affrontare e cercare di risolvere le avversità, mettendone in evidenza le contraddizioni logiche: la forza secolare di chi ironizzando sulle proprie debolezze ha sempre trovato il modo di minimizzare le difficoltà, esprimendo fiducia e trasformando le persecuzioni in prove». Il programma del 2 settembre ruota attorno al Ghetto, con l’inaugurazione della mostra “Jewish Humor” con fotografie, litografie e video di Alez Levac, Martin Hodt, David Silverman, Shahar Marcus. Ci saranno le tradizionali visite guidate alle sinagoghe Levantina, Tedesca e Canton, e al cimitero monumentale del Lido, ma anche i laboratori per bambini con “Il riso di Mosè” e le risate cinematografiche con la retrospettiva “It hurts to laugh, l’umorismo ai tempi di Mel Brooks e Gene Wilder”. Serata in campo, con lo spettacolo “Shalom Bait. La pace in famiglia”, scene d’interni da una famiglia ebraica. «E’ un modo per aprirci alla città, perché è con la conoscenza reciproca tra “diversi” che si combatte la violenza», commenta il vicepresidente dell’Unione Comunità ebraiche italiane, Roberto Jarach».

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