«Scarso rispetto verso noi medici E i giovani più bravi vanno all’estero»

«Se me lo chiedesse, ad un giovane non consiglierei di diventare medico. La carriera è difficile, le retribuzioni non sono commisurate al carico di responsabilità, spesso si subiscono pressioni per via delle denunce facili. E così molti dei più bravi se ne vanno». Poche parole ma pesanti come macigni, quelle che il professor Enrico Gringeri, specialista padovano nel campo dei trapianti e parte dell’équipe del luminare Umberto Cillo, aggiunge ad una lunga riflessione pubblicata sui social in questi giorni di festa. Raggiunto al telefono, preferisce non dire altro, ma lo sfogo non lascia spazio a possibili fraintendimenti. Quello che il medico racconta è il disagio di un’intera categoria, costretta a misurarsi con una professione delicatissima e carica di responsabilità e, dall’altro, con un riconoscimento non sempre pieno di tale ruolo. Da un lato - nel post del medico - c’è l’affetto per la famiglia e la gratitudine per il sostegno che non manca mai. Dall’altro l’amarezza perché invece, da parte delle istituzioni nazionali, quel sostegno non arriva. E un’intera categoria professionale, la più essenziale alla sopravvivenza della comunità, si ritrova sola, priva del dovuto «rispetto» e della giusta «considerazione». Parole pesanti, soprattutto se a pronunciarli è chi è al top della sanità nazionale. Parole che stridono con la bella immagine che accompagna su Facebook: la foto ritrae la casa addobbata a festa, i regali sotto l’albero, le luci di Natale. Sotto quell’albero, scrive Gringeri, «tra i miei doni ho trovato il calore della famiglia. Ho trovato l’amore di chi mi attende a casa anche quando a casa non torno. Ho trovato la gratitudine di chi sa dire grazie anche attraverso un piccolo gesto. Ho trovato l’entusiasmo e la passione di continuare a fare quello che faccio, perché quello che faccio è quello che sono. Ho trovato la forza per superare le difficoltà. Ho trovato la capacità di sapere imparare dai miei errori perché senza quelli non si migliora. Ho trovato lo straordinario amore di chi ha saputo donare e donarsi oltre la vita». Parla, chiaramente, dei propri cari, ma anche della vita professionale nei suoi aspetti più belli: la passione, il trasporto, la generosità di chi sa donare sé stesso «oltre la vita», e qui ricordiamo che il professore lavora con i trapianti. Ma non è tutto. «Purtroppo» continua Gringeri «non ho trovato il rispetto, non ho trovato la considerazione per la categoria medica da parte di alcune istituzioni. Avrei voluto trovare la soluzione per alcuni giovani medici costretti a rinunciare ai propri sogni, costretti ad andare a lavorare altrove, anche all’estero». E queste sono le note più dolenti, quelle che fanno male a chi questo lavoro lo vede come una missione. «Gli stipendi bassi sono un bene» si limita ad aggiungere il professore al telefono «perché sono un filtro. Una selezione naturale che lascia fuori chi cerca i soldi e fa andare avanti chi vuol fare il medico per passione». Ma poi parla di una questione di rispetto per la professione, lasciando intendere che un medico ha fra le mani la vita delle persone. Un medico lavora anche 24 ore di fila, e non gli è concesso essere stanco. Eppure le “istituzioni” sembrano non capirlo. E nemmeno alcuni pazienti: qualche tempo fa, Gringeri si era sfogato anche contro uno spot pubblicitario di una società che invita a far causa contro i casi di malasanità. Casi che certamente esistono, ma è anche vero che ormai le denunce sono talmente tante da far parlare di medicina “difensiva”. «Sotto l’albero» conclude il medico su Facebook «avrei voluto trovare la collaborazione di alcuni colleghi (e non mi riferisco di certo a quelli del mio reparto). Avrei voluto trovare l’umiltà di chi riesce ad anteporre la salute dei pazienti agli interessi personali, di chi realizza il significato di curare il paziente e non la malattia. A tutti voi auguro di aver trovato quello che desideravate trovare... e che la magia si trasformi nella più bella realtà». —
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