Al Bo la sfida al ministro Valditara: «Insegniamo ad usare il linguaggio inclusivo schwa»

Oggi a Sociologia un corso di linguaggio inclusivo. Il direttore Riva: «Formare persone responsabili». Il laboratorio sarà tenuto dall’esperta di comunicazione Irene Proto: «l’utilizzo delle parole influisce sulla realtà»

 

Luca Perin
Una sede del dipartimento di Sociologia a Padova
Una sede del dipartimento di Sociologia a Padova

Il linguaggio inclusivo come mezzo per dare forma alla realtà. Il corso di Scienze sociologiche del Bo diretto da Claudio Riva lancia la sfida al ministro Valditara e oggi proporrà agli studenti un laboratorio formativo dal titolo “Il potere delle parole: sensibilizzare al linguaggio”.

Si parlerà di linguaggio e discriminazioni e soprattutto del simbolo dell’alfabeto fonetico schwa, trascritto con il simbolo ə, da utilizzare come neutro in alternativa alle desinenze maschili o femminili. Una presa di direzione molto diversa rispetto a quella indicata dal governo, che ha imposto il divieto di usare questi nuovi strumenti lessicali nelle comunicazioni scolastiche.

Un laboratorio che sarà tenuto dalla esperta di comunicazione di crisi e complessità Irene Proto e che rientra in un progetto di miglioramento della didattica del Fisppa (il dipartimento che raggruppa Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia applicata): «L’obiettivo di questo workshop – spiega Riva – è offrire agli studenti e alle studentesse strumenti critici per affrontare una nuova sfida culturale: imparare a nominare le differenze senza discriminare e a rappresentare la pluralità senza stereotipi. Questo laboratorio rappresenta un tassello importante nella preparazione di futuri professionisti capaci di comunicare in modo etico, responsabile e inclusivo».

Una direzione quindi quella intrapresa dal Bo che è diversa, se non proprio opposta, a quella indicata dal Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara a marzo, quando in una circolare aveva vietato l’utilizzo dello schwa nei documenti ufficiali delle scuole italiane. «In questo laboratorio pratico si andrà ad affrontare la complessità della tematica del linguaggio inclusivo – aggiunge Irene Proto – La volontà è quella di allargare le competenze e le conoscenze sulla materia. Il presupposto da cui si parte è che l’utilizzo delle parole influisce e dà forma alla realtà che viviamo. Il linguaggio infatti non è mai neutro: ogni scelta linguistica che facciamo è portatrice di significati e può da un lato escludere alcune persone dalla comprensione o dall’altro non rappresentare la collettività quando, ad esempio, utilizzando unicamente il maschile e il femminile, non consideriamo le persone che non si riconoscono nel binarismo di genere».

«Lo schwa, così come l’asterisco ed altre possibilità, sono forme di sperimentazione e come tali andrebbero accolte», prosegue, «Presentano sia punti di forza che limiti ma pongono in ogni caso un tema importante: ci chiedono di sviluppare consapevolezza su come comunichiamo e sugli impatti che la nostra comunicazione genera. Gli strumenti che abbiamo a disposizione per adottare un linguaggio ampio, oltre alle numerose linee guida esistenti, stanno soprattutto nella capacità di agire con empatia, lasciare spazio ai dubbi, chiedere ed interrogarsi, senza avere posizioni manichee a riguardo». 

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