Scoperta dei geologi padovani: un oceano nella pancia della terra

PADOVA. Nella pancia del nostro pianeta c’è un mare più grande di dieci oceani pacifici. Ad avvolgere la superficie terrestre con questa immensa quantità d’acqua si otterrebbe una profondità di 8 chilometri, cioè l’unica terra emersa sarebbe la vetta dell’Everest, luogo troppo stretto e troppo scosceso per costruire una nuova Arca di Noè. Questo immenso bacino idrico è al sicuro nella cassaforte della terra, più ermetica di Fort Knox, nel mantello che sta sotto la pelle di humus e roccia del mondo, tra i 520 e i 650 chilometri di profondità. Quindi non c’è pericolo di infiltrazioni o di fontanacci. La scoperta, fatta da un team multinazionale diretto dallo scienziato padovano Fabrizio Nestola, è particolarmente intrigante anche perché ha i colori del sogno, e anche lo svelamento del segreto di un immane materasso d’acqua sopra il quale siamo adagiati ha un profumo di magia: in un piccolo diamante, lungo 5 millimetri, proveniente dal Brasile, Nestola trova un cristallo di ringwoodite, il minerale contiene l’1,4 per cento d’acqua.
Occorre aprire una parentesi sulle rocce profonde: il minerale olivina costituisce il 60 per cento dell’interno della terra. A una profondità di 420 chilometri si trasforma in wadsleyite e oltre i 500, per l’aumento del calore e della pressione, si produce una nuova metamorfosi ed ecco la ringwoodite. I geologi in laboratorio sottoponendo la olivina a una forte pressione sono riusciti a ottenere la trasformazione del minerale. Ma dai rilievi di tomografia sismica profonda effettuati nell’area di transizione dai 420 ai 660 chilometri non risultava la presenza di ringwoodite ma di un minerale meno denso per via dell’acqua, reso anomalo dalla presenza idrica. Da notare che la ringwoodite non era mai stata trovata sulla superficie terrestre. Ora compare imprigionata in un diamante e con dentro una goccia d’acqua.
Con queste prove in mano il sospetto della presenza d’acqua diventa certezza e Nestola pubblica sulla prestigiosa “Nature” l’articolo “Hydrous mantle transition zone indicated by ringwoodite included within diamond” che scuote la comunità scientifica. La terra è una cipolla formata da gusci concentrici e infatti tuffandoci nelle profondità del nucleo troviamo l’inferno: un nucleo fluido a 2900 chilometri dalla superficie con temperature oltre i 3000 gradi e uno solido sempre ferroso in cui il calore raggiunge i 5400 gradi.
Ma perché l’acqua non bolle? Perché non si trasforma in vapore? Questione di pressione e di dispersione termica. La presenza di quest’acqua profonda, nel regno di Plutone, è molto particolare: si insedia nella roccia, di cui è parte sostanziale, sotto forma di ioni. Non è liquida come la vediamo scorrere dal rubinetto e per estrarla sarebbe necessario un processo chimico piuttosto complesso.
La scoperta di Nestola induce una vera e propria rivoluzione scientifica nella storia della geologia terrestre. Secondo lo scienziato padovano, cambia soprattutto l’idea del ciclo dell’acqua. Banalizzando: l’acqua del mare evapora, forma nuvole, la pioggia alimenta i fiumi, . i fiumi si riversano in mare; in questo giro non si tiene conto che esiste una riserva d’acqua sotterranea, un’oasi protetta dalla pietra. Certamente influisce sui terremoti perché ci sono sismi che si innescano a quella profondità; anche la dinamica delle placche tettoniche, lo spostamento dei continenti, la vulcanologia dovranno tener conto della presenza di questo immenso serbatoio sotterraneo. I diamanti sono i traccianti della situazione ipogea e si muovono verso la superficie con relativa velocità.
Nestola aveva avuto contatti con la De Beers, la grande multinazionale dei diamanti, all’inizio con pochi risultati, poi però qualche indicazione era emersa sul “diamante scientifico” con un frammento di ringwoodite. Intanto il professore padovano era diventato un esperto di diamanti: quelli commerciali, rarissimo il diamante rosa, quelli industriali, come il diamante blu al boro che è un superconduttore.
«La nostra ricerca è stata finanziata» spiega lo scienziato padovano «con fondi europei per la cifra di oltre due milioni di euro che è molto rilevante se si pensa che i contributi dello Stato per l’intero settore della geologia arrivano ad appena 8 milioni di euro». «Con questo programma che alimenta lo sviluppo economico ed è quindi in funzione anti-crisi» dice Nestola «abbiamo attrezzato il laboratorio con tecnologie di ricerca sofisticate e siamo in grado di dar lavoro a cinque giovani per cinque anni».
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