Sculture di Rabarama a Padova, per la gallerista Vecchiato scatta la prescrizione

Con la venditrice era imputato per appropriazione indebita anche il marito Roberto Canova. L’artista ha lottato per anni nel tentativo di riavere i soldi
GENESIN - PADOVA - AGENZIA BIANCHI -PROCESSO RABARAMA. DA SX: PAOLO CHIARELLI, PAOLA EPIFANI IN ARTE RABARAMA, ERNESTO DE TONI,
GENESIN - PADOVA - AGENZIA BIANCHI -PROCESSO RABARAMA. DA SX: PAOLO CHIARELLI, PAOLA EPIFANI IN ARTE RABARAMA, ERNESTO DE TONI,

PADOVA. Nessuna responsabilità penale nei confronti dei galleristi Cinzia Vecchiato e del marito Roberto Canova, entrambi 56enni, accusati di appropriazione indebita continuata e pluriaggravata per 1.378.000 euro ai danni della scultrice-pittrice Rabarama, all’anagrafe Paola Epifani.

Ma non nel merito: semplicemente è passato troppo tempo e l’azione penale (trascorsi otto anni) non può più essere esercitata. Così dopo un tira e molla iniziato nel 2015 con l’inchiesta e poi con il processo trasferito (per questioni di competenza territoriale) prima da Padova a Belluno per poi tornare indietro, ora la vicenda si è chiusa sul piano penale (e in via definitiva) con la pronuncia dal parte del giudice padovano Claudio Elampini.

Una pronuncia che dichiara il “non doversi procedere” prendendo atto dell’intervenuta prescrizione. Si legge nella motivazione che «il reato di appropriazione indebita... come indicato dalla Corte di Cassazione... è istantaneo e si consuma con la prima condotta appropriativa... con la conseguenza che il momento in cui la persona offesa viene a conoscenza del comportamento illecito, è irrilevante ai fini della individuazione della data di consumazione del reato...».

Insomma il termine di prescrizione scatta quando si presume che si compia il reato e poco importa se la presunta vittima lo scopra ben più tardi. Continua la motivazione: «...L’ultimo fatto contestato è avvenuto il 30 gennaio 2013... prendendo a riferimento tale ultima data di commissione dell’illecito, il reato si è prescritto definitivamente anche tenuto conto della sospensione dei termini per l’emergenza pandemica».

L'inchiesta, coordinata dal pm padovano Sergio Dini, era scattata in seguito alla denuncia di Rabarama (per anni compagna del suo mecenate Dante Vecchiato, fratello di Cinzia e fondatore di Vecchiato Art Galleries) dopo la scoperta di un flusso di danaro dal suo conto a quello in uso ai due: si trattava di soldi guadagnati con la sua attività artistica e in parte frutto di finanziamenti di banche.

Secondo l’accusa la coppia, che ha ereditato la proprietà e la gestione delle Gallerie da Dante Vecchiato, si era fatta rilasciare una delega da Rabarama per poter operare sui suoi conti avendo un contratto di esclusiva con l’artista siglato nel 2011.

I due si erano sempre giustificati spiegando che il danaro era stato dato da Rabarama per compare le sue opere. Nel 2018 il tribunale di Brescia ha pronunciato il fallimento della società Prisma (già Art Galleries) e della società Cubo (ex Vecchiato Arte), finite in mano a Cinzia Vecchiato. —


 

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