Se c’è una vita da salvare

Ogni giorno 400 telefonate al 118, dove si corre contro il tempo. Vi raccontiamo come
Di Simonetta Zanetti
ZANETTI - REPORTAGE SUEM
ZANETTI - REPORTAGE SUEM

«Centodiciotto, buongiorno». Dal momento in cui all'altro capo del telefono senti queste parole, sai che non sei più solo. Che stia sfruttando l'ultimo barlume di lucidità per chiedere aiuto dopo un malore, che a star male sia un tuo caro o che ti trovi nell'inferno di lamiere di un incidente, da spettatore o ferito. Puoi contare sui medici e gli infermieri del Suem (servizio di urgenza ed emergenza medica). Un'assistenza rapida, essenziale, priva di fronzoli e sovrastrutture baronali, per terra o via cielo. O anche, più semplicemente, una guida nelle prime manovre salvavita, in attesa dell’intervento di un medico. Un’assistenza vera, come le telefonate che arrivano alla Centrale operativa dell'Usl 16 diretta da Andrea Spagna e collocata in Azienda ospedaliera. Gestisce il servizio di emergenza su tutto il territorio provinciale: 147 mila telefonate l’anno, 403 al giorno. Con questi numeri, una giornata tranquilla, di ordinario non ha nulla.

Da zero e cento.

Tutto cambia in pochi secondi. Alle 14.14 arriva una chiamata da Cervarese Santa Croce. Incidente sul lavoro: un uomo è caduto dal furgone, battendo la testa: sanguina. Forse ha perso conoscenza per qualche minuto. Nel giro di un secondo, l’infermiera Katiuscia Pedron (addestrata con corsi di guida sicura) è alla guida dell’automedica. In quattro minuti anche l’elicottero (con medico, infermiere, pilota e tecnico) si alza in volo dall’Allegri: «Indossate un giubbotto fluorescente e sgombrate il campo da oggetti che con lo spostamento d’aria potrebbero diventare pericolosi» suggerisce intanto l’infermiere dalla Centrale per agevolare il servizio dell’elicottero richiamato indietro dopo che i sanitari avranno verificato il loco la scarsa gravità dell’incidente. Per la natura del trauma, l’uomo verrà indirizzato al Pronto soccorso di Padova.

A metà di un ordinario pomeriggio di agosto, il maxischermo indica 30 ospedalizzazioni tra codici verdi e gialli. Lo stesso riporta i nomi di due pazienti con cuore artificiale: un promemoria costante delle loro condizioni nel caso in cui dovessero aver improvvisamente bisogno di aiuto. Lo stesso vale per i bambini sottoposti a cure palliative. Le telefonate si susseguono: chi chiama è spesso agitato: «È cosciente? Respira? Lasci il telefono libero, arriviamo» assicura uno degli infermieri. Alle 17.05 un incidente sul Ponte della Fabbrica a Giarre: una ragazza ha perso il controllo della moto riportando un trauma alla schiena e alle gambe. A chiamare l’ambulanza sono state le forze dell’ordine: fondamentale e reciproco il sodalizio. Attorno alle 18 un uomo, a Rubano, trova il padre ottantenne cardiopatico riverso sul letto. L’automedica torna in strada per verificare il sospetto decesso. Pochi minuti più tardi una chiamata dal parcheggio dell’Alìper di via Saetta: un uomo dice di essere stato aggredito da due persone che sono scappate: lamenta traumi plurimi. Parte un’altra ambulanza.

Il quartier generale.

Cinque postazioni collegate tra loro: ognuna presidiata da un infermiere specializzato. Alle loro spalle, le postazioni di medico e caposala. Ad ogni chiamata, compare sul video il numero di telefono in entrata decriptato associato a un indirizzo che subito trova collocazione sulla mappa. Poche semplici domande - da protocollo per i 30 tra traumi e patologie più diffusi - per capire la gravità della situazione e scegliere l’intervento più opportuno. «Spesso la gente si spazientisce, crede che tergiversiamo» spiega Spagna «invece sono domande fondamentali: per garantire il giusto soccorso abbiamo bisogno delle giuste informazioni». Ci sono poi da gestire spostamenti, posti letto e sale operatorie da trovare nei centri di riferimento a seconda di patologie cardiovascolari, cerebrovascolari o per l’ictus. Nulla è lasciato al caso e non c’è mai tempo da perdere.

I numeri.

Nel 2011 gli interventi di soccorso sono stati 69.285, 190 al giorno. Cui si aggiungono trasporti secondari urgenti (il 4%) - come organi da trapiantare - e servizio taxi sanitario (3%). Il 71,4% degli interventi sono urgenze mediche, il 14,4% patologie traumatiche e il 9% incidenti stradali. I codici rossi (molto critico), sono il 24%, i gialli il 34%. In 10 anni le telefonate sono state 1.363.487, 4.154 le missioni dell’elisoccorso. Nel Padovano operano 25 ambulanze (fornite da Usl, Croce Rossa e Croce verde), tre automediche e un elicottero che copre parte del litorale, viaggia a 270 chilometri l’ora e può atterrare su una Provinciale.

I protagonisti.

In una stanzetta, dotata di due brande, il servizio automedica attende la chiamata: l’i-pad è un grande aiuto per ingannare il tempo. Lo stesso accade nell’hangar dell’Allegri: Andrea Paoli e Antonio Sarcona si concedono un caffè dopo l’ennesimo atterraggio, assieme al comandante Alessandro Falsina e al tecnico Roberto Carcano: «Anche quando non voli “stressi” le procedure all’estremo in modo che diventino automatiche quando scatta l’urgenza» spiegano. In Centrale, la caposala Marilena Greggio ricorda quando si prendevano le segnalazioni con carta e penna, i telefoni andavano in tilt e c’era l’universo informatico da esplorare. Prepara il servizio per Ferragosto: due motomediche, sei squadre a piedi, sei ambulanze e una persona in più in Centrale. Il pericolo sono i malori per il caldo e il panico da folla. Marilena è un giunco di acciaio temprato come Cinzia Bettin: medico, nonché madre di tre maschi, sta affrontando l’ennesimo turno di 12 ore. «Tosta io? No, tosti sono gli oncoematologi della pediatria» si schernisce. È tra i “volontari” rientrati in servizio il giorno in cui si è rovesciato il pullman dei carabinieri «Diciamo solo che sono una precisa: “q.b.” (quanto basta ndr), come per il sale, per me non è un ordine di grandezza contemplato». La migliore delle garanzie.

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