Seicento monete d’argento scoperte in un campo, ecco il tesoro del legionario

ARZERGRANDE. Appartenevano forse a un legionario, o forse a un alto funzionario romano: fatto sta che, chiunque fosse il proprietario, decise di sotterrarle per metterle al sicuro. Ed è proprio questo, la volontà di nasconderlo, a rendere così importante il ritrovamento del “tesoretto” di Arzergrande: oltre seicento monete in argento, databili a cavallo tra la Repubblica e l’Impero, stimate per un valore di circa 200 mila euro.
«All’epoca di Nerone» spiega Giulio Carraro, ricercatore dell’Università di Padova «c’era stata una riforma per cui la moneta veniva svalutata. Quindi a Roma e nelle regioni circostanti chi deteneva monete precedenti aveva tutto l’interesse a conservarle, perché valevano di più. Nelle aree periferiche, tuttavia, la riforma non aveva avuto conseguenze, o almeno così si pensava. Ma questo tesoro, che sembra sia stato nascosto proprio in quel tempo, ci porta a riscrivere la storia di tutto il nostro territorio: o la comunicazione era molto più capillare di quanto potessimo immaginare, o il Veneto non era affatto una zona periferica».
Il ritrovamento risale a tre anni fa, quando un anziano del luogo, Adolfo Piron, passeggiando per via Umberto I ha intravisto luccicare qualcosa in mezzo ai campi. L’anziano si è fermato e, con assoluta onestà, si è prodigato per raccogliere le monete al solo scopo di consegnarle alla Soprintendenza, perché potessero essere studiate e messe in mostra nel suo comune, come patrimonio di tutta la comunità.
Da quel giorno, correva l’anno 2015, sono cominciati studi e approfondimenti, oggi raccolti in un libro curato da Giulio Carraro: “Il tesoro di Arzergrande – Pecunia citissime percurrunt” (la locuzione latina significa, più o meno, che i denari spariscono molto in fretta).
Ieri, nell’ambito dell’Agorà della Numismatica, Carraro ha presentato il suo studio insieme alla Società Archeologica Veneta, a Padova a Palazzo Zuckermann. «Sull’ipotetico proprietario» dice ancora il giovane ricercatore «abbiamo tesi abbastanza precise: certo non possiamo parlare di assoluta certezza, ma dopo duemila anni c’è un buon grado di approssimazione. Quel che invece rimane un mistero è lo stato di conservazione delle monete, incredibilmente ottimo. Il tesoro è emerso semplicemente dalla terra, quindi è immaginabile che se un contenitore c’era, com’è probabile, il materiale era senz’altro deperibile. Non è cosa rara che la fascia endolagunare a nord del Bacchiglione restituisca monete, ma in condizioni sempre molto compromesse. Questo è un caso più unico che raro, a maggior ragione perché il punto del ritrovamento è in mezzo a un campo coltivato, dove quindi le monete state esposte ai fertilizzanti e al lavoro delle macchine per l’aratura».
Al momento il “tesoretto” è conservato al sicuro nel caveau della Soprintendenza di Padova, in attesa di trovare una destinazione. I cittadini di Arzergrande, però, un’idea ce l’hanno: visto che sono state trovate nel loro territorio, dove già esiste un piccolo museo (l’Antiquarium), potrebbero tornare e rimanere proprio lì. A beneficio di tutti, come sperato dal loro gentile scopritore. —
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