Sentenza-chiave per le famiglie dei disabili
Effetto sentenza Bedin, le famiglie di persone con disabilità della provincia di Padova alzano la testa e chiedono risposte. «Sono un centinaio le famiglie che aspettano, in lista d'attesa, che i loro figli siano accolti nei centri diurni», sottolineano Fabio Bedin e Valeria Mantovan, i genitori di Matteo, il 19enne autistico, una disabilità grave, di quelle certificate al 100%, che ha avuto ragione davanti al Consiglio di Stato contro l’Usl 6.
Il diritto alla salute viene prima dell'equilibrio di bilancio. «La sentenza di Palazzo Spada», ha sottolineato l'avvocato Maria Luisa Tezza, che ha sostenuto le ragioni della famiglia di Torreglia, ribaltando il pronunciamento del Tar, «ha lo stesso valore della Cassazione, è un precedente fondamentale: l'Usl non può dire che non ci sono soldi e non ci sono posti, va trovata una soluzione».
Al Pedrocchi sono tante le realtà in prima linea sul fronte della cura delle fragilità che ieri si sono strette attorno ai genitori di Matteo; la voce delle famiglie è stata interpretata da Alessandra Schiavi Marella, presidente dei genitori della Nostra Famiglia, e da Laura Dalla Nora Pradella che coordina l'associazione famiglie dell'Irpea: «Molte sono annientate dall'impegno di seguire il proprio familiare quando è a casa 24 ore su 24, magari senza dormire la notte. Non ce la fanno, tutta la loro energia viene spesa per sopravvivere in una situazione difficile».
Il diritto a un minimo di normalità: «Le persone con disabilità», hanno scandito, «non devono essere relegate in casa, una volta terminato il percorso scolastico devono avere la possibilità di stare con altre persone e fare delle attività che le tengano occupate, in contesti protetti. Invece cosa succede? Succede che non si sa come e non si sa perché non ci sono abbastanza soldi per poter pagare i servizi che spettano loro di diritto e rimangono in un limbo a tempo indefinito, agganciati a una lista di attesa». Non basta quello che viene fatto: «Si tampona, ed è un'ingiustizia: alcune persone godono gratuitamente di un servizio, altre se lo devono pagare». E così «c'è chi si appella al politico di turno, e chi fa causa. E noi ringraziamo questa famiglia che ha fatto causa, perché cercando di far valere i propri diritti ha voluto anche far valere quelli di tutte le altre famiglie, quelle in lista di attesa, quelle così in difficoltà che non riescono nemmeno ad alzare la testa. A noi questa sentenza dà forza», ribadiscono Marella e Pradella, che insistono per maggiori «risorse e professionalità», e lavoreranno nei tavoli con l'Usl e i comuni per realizzare «una programmazione aggiornata dei servizi» che superi le liste d'attesa per persone con disabilità «che sono persone, non un numero, non una casellina da barrare».
Mamma e papà di Matteo hanno tirato le conclusioni, partendo dal loro vissuto: «Eravamo disperati, e poi arriva la stanchezza, così come il senso che manchino le forze, ma bisogna trovare il coraggio di esporsi. Avremmo potuto fermarci quando Matteo è stato inserito nel centro diurno, ma abbiamo continuato la battaglia anche per chi non ha voce». Una battaglia che non finisce qui: «Sicuramente continueremo a vigilare per i diritti dei nostri figli, i diritti valgono per tutti, al di là della disabilità». —
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