Sesso e stupidità le radici comuni sono nella scimmia

Una ricerca etimologica per quella parola che è solo veneta e perdipiù ambivalente. E si risale agli arabi

di Niccolò Menniti-Ippolito

PADOVA

Qualsiasi sceneggiatore lo sa. Se in due battute si vuole caratterizzare un veneto, basta fargli dire qualcosa come «Va' in mona». E’ un segno distintivo, come la Tour Eiffel per Parigi. Curzio Malaparte cita per esempio questo episodio militare che è del resto comune a molte barzellette. «Quando ci fu vicino il maggiore francese si fermò, aprì le braccia, ed esclamò con enfasi: “Ah, mon ami!” “Mona mi?” rispose Lami. “Mona ti, ostrega!”». Insomma “mona” nella duplice accezione di organo sessuale femminile e di offesa per indicare una certa stupidità, è probabilmente la parola veneta più usata fuori dal Veneto. Ma è anche una parola difficile da spiegare, perché anomalo è l’accostamento tra i suoi due significati. Tanto è vero che i veneti stessi spesso non sanno spiegare. Il wikipedia in veneto per esempio sceglie come etimologia “monna”, signora, che poi sarebbe scivolato verso il basso fino a indicare l’organo sessuale. Ma i linguisti a questa ipotesi non hanno mai creduto, come ben racconta un serio volume appena edito dalla Esedra. L’autore è Luca D’Onghia, un giovane linguista, il titolo è Un’esperienza etimologica veneta: per la storia di ‘mona’. Il dato più sorprendente è che stando alla ricostruzione di D’Onghia, “mona” non è una parolaccia. O almeno non lo è nella accezione di offesa, perché significa semplicemente “scimmia”. Ma forse vale la pena raccontare la storia dall’inizio, perché è una specie di giallo. I veneti, e i veneziani in particolare, sentono “mona” come un loro vessillo. Colpa o merito di Giorgio Baffo, ma soprattutto del parlato popolare. Tanto vessillo che hanno provato a darne origine autoctona, salvo scontrarsi con l’evidenza. Perché in greco moderno “munì” indica, appunto, l’organo sessuale femminile ed allora i veneziani hanno pensato che “mona” abbia conquistato anche la Grecia. Sbagliato. Manlio Cortelazzo negli anni settanta ha messo in chiaro le cose. “Munì” in greco lo si trova nel XII secolo mentre a Venezia bisogna aspettare il XVI. Dunque secondo i linguisti “mona” deriva dal greco “munì”. Tutto a posto? No - dice D’Onghia - perché molte cose non quadrano. Per esempio l’etimologia di “Munì” che deriverebbe, secondo Cortelazzo, dal termine che in greco indica “monte”, ma sembra strano che il gergo popolare abbia inglobato una metafora, quella del “monte di Venere” che appare solo nelle lingua colta. E poi come si è arrivati alle “monade”, al “mona” come sciocco? No, c’è qualcosa di insoddisfacente, ed allora D’Onghia prova a battere la strada opposta. Perché tutti siamo convinti che prima venga “mona” come organo sessuale e poi tutto il resto. Ma se fosse il contrario? Se cioè “mona” come organo sessuale fosse solo una metafora? Ecco allora venir fuori la scimmia. In arabo la scimmia è “maimun” ed è attestato largamente che in tutta l’Italia settentrionale la scimmia sia stata chiamata a lungo “mona”, da cui anche termini come monello. E questo quadrerebbe con l’uso gergale offensivo. Dire: «non fare il mona» significherebbe non fare la scimmia, e quindi lo sciocco, il dispettoso. Può quadrare. Ma da qui all’organo sessuale? D’Onghia non ha prove, ha però indizi e prova a risalire. Intanto: dare all’organo sessuale femminile un nome di animale è abbastanza comune, poi la scimmia è per tradizione animale osceno perché mostra spesso gli organi genitali, ed ancora nei dialetti settentrionali “mona” un po’ alla volta è andato ad indicare anche “gatta” e in molte lingue, a cominciare da “chatte” francese, questa metafora per l’organo sessuale femminile è attestata. Ma per D’Onghia una prova è anche che in veneziano compaia prima “monina” e poi “mona” a designare l’organo sessuale, e dunque “gattina” o “scimmietta” e questo potrebbe far quadrare definitivamente la questione. E tuttavia un dubbio rimane. In tutti i casi di metafora tra animale e organo sessuale la percezione metaforica è rimasta, perché è uno degli elementi portanti per esempio nei giochi di parola, come mai solo in Veneto si è cancellata ed evidentemente molto presto, perché in nessun testo questo legame appare?

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova