Sgominata la filiale veneta dei casalesi

Usura e botte, 132 imprenditori ricattati. Solo 3 denunciano: 29 arresti
 
VENEZIA.
Mozzarelle di bufala e ribattuta di cazzotti. Ci vuole fantasia anche nel somministrare la crudeltà: a un imprenditore edile della periferia di Vicenza, uno in ritardo sui pagamenti che girava con la stampella, hanno riservato un trattamento speciale. L'hanno raggiunto nel suo cantiere, gli hanno levato la gruccia e con quella, davanti ai suoi dipendenti, lo hanno picchiato a sangue. Così Gomorra gira il suo sequel in Veneto, portandosi dietro gli stanchi cliché dell'opera prima, malavitosi violenti ma anche sbruffoni, efferati ma anche delicati nell'omaggiare il nuovo cliente con un cesto di mozzarelle appena arrivate da Casal di Principe.  Devoti alla famiglia, attenti all'educazione. Uno dei mammasantissima della «Aspide srl» (società di recupero crediti con sede a Padova, in realtà banda di estorsori industrialmente organizzata) portò il figlio di 10 anni ad uno di questi pestaggi, «perché deve imparare come va il mondo e sapere cosa succede ai fetenti».  Il comandante dei Carabinieri di Vicenza, colonnello Vito Sarno e i suoi, dicono di «aver estirpato un carcinoma sociale», un cancro cresciuto nell'incubatrice della crisi economica del Nordest, diffusosi velocemente e suppurato ieri con l'operazione «serpe»: i carabinieri, che non mancano di umorismo, l'hanno chiamata così, «serpe», per distinguerla dall'aspide, questa stringe ed è inoffensiva, l'altra morde.  Venticinque le persone in carcere, due agli arresti domiciliari, altri due in fuga. Casalesi ma anche padovani, vicentini e veronesi, criminali col pedigrée e rispettabili signori con ufficio e segretaria.  Strozzini di certo e con la mano pesante, ma che all'inizio si presentavano con il vestito buono del consulente finanziario, mostravano di vendere «prodotti bancari», prestiti con tanto di «piano di rientro». Tassi del 180% su base annua, scoperti tardi dalle vittime che per bisogno o dabbenaggine si presentava alla «Aspide Srl» per chiedere un prestito. Su mille euro corrisposti, il «cliente», nei casi peggiori, dava in garanzia un assegno della stessa cifra più dodici altri da 70-80 euro che l'organizzazione raramente metteva all'incasso. L'«Aspide srl» portava in banca le scadenze quando andavano a buon fine e preferiva gestire con altri mezzi i ritardi eventuali, con dilazioni e nuovi prestiti o praticando «sconti» al cliente che si impegnava a procacciare altri clienti. Ecco come si è scoperto che alcuni dei veneti arrestati, all'inizio vittime, erano diventati in seguito estorsori a loro volta. La gang applicava il criterio dell'inclusione per allargare il giro degli affari e per legare a sé i clienti rendendoli complici del ricatto. Per il resto la ditta preferiva incassare gli interessi su carte poste-pay, pochi i riscontri, nessuna la tracciabilità.  Cliente tardo di comprendonio? Partiva la squadretta formata dall'albanese Ferdinant Selmani (29 anni), dal ceco Patrik Halambica (34 anni) e dal capo squadra Alessandro Mazza (32 anni, Villaricca, quest'ultimo veniva su da Napoli in aereo, radunava gli altri e in due tre giorni sbrigava il lavoro: pedinamento, macchina sotto il portone della vittima, minacce verbali, spintonamenti sulla via di casa e pestaggio quando necessario, lavoro da eseguire in pubblico, davanti alle maestranze per essere esemplare.  Il capo dell'organizzazione era «O' dottore», Mario Crisci, (napoletano di 33 anni, titolare della Aspide srl) elegante e scaltro, difficile da incastrare a detta degli stessi segugi della Dia: «La ditta a suo modo si occupava già di intelligence, di pedinamenti e organizzava sorveglianza. Non hanno tardato a capire che avevano gli occhi addosso». «Aspide srl» intuisce e da Selvazzano si trasferisce a Padova. Troppo tardi o solo inutile.  Dallo scorso agosto la gang dei Casalesi è intercettata, sorvegliata, seguita. I carabinieri vengono a conoscenza persino delle loro regole interne. Mario Crisci e i suoi sodali, quando c'è da minacciare, si presentano come emissari dei Casalesi, ma non sempre è vero, talvolta qualcuno millanta e lavora in proprio. La cosa è tollerata, nel senso che per alcuni lavoretti c'è libertà di iniziativa, i guaglioni meritano qualche gratifica, ma non quando c'è da usare il nome dei Casalesi: chi lo spende in maniera abusiva è severamente ammonito e avvertito delle conseguenze.  Dopo Mario Crisci viene Antonio Parisi (43 anni, Napoli) numero due della catena di comando, terzo in chief Ciro Parisi (23 anni, Napoli). I manutengoli albanesi e cechi forniscono le mani e fanno paura per dimensioni e tatuaggi. Due le pistole sequestrate.  Con le facce perbene si va in banca a depositare. Perbene è Johnny Giuriatti, 37enne di Padova, ex titolare della Global Scorte, finito nelle loro grinfie e diventato a sua volta strozzino. Perbene è Ivano Corradin, 48 anni, Marostica, segretario provinciale della Ancot (Associazione nazionale consulenti tributari), che segue e istruisce nel senso che avverte la banda sulla situazione patrimoniale delle vittime presenti e potenziali. Le imprese insolventi vengono «incamerate», gli operai licenziati, il magazzino venduto al miglior offerente. L'elenco degli arrestati è qui accanto. Centotrentadue gli imprenditori «usurati», solo tre su 132 si sono fatti avanti per denunciare l'usura, «e neanche tanto spontaneamente» lamenta il colonnello comandante di Vicenza. L'Arma ha grandi orecchie e conoscenza del mondo, tutto nasce l'estate scorsa in un paesino della prima cintura vicentina. Un imprenditore noto nel paese come persona perbene è al bar come al solito, beve lo spritz come al solito, ma non è più la solita persona: si lamenta, è disperato. Al bar, con lui a bere lo spritz, c'è il maresciallo dei carabinieri. Si capiscono. Così nasce l'inchiesta.

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