Sgominata la holding del falso

Manodopera italiana, prezzi stracciati: le mani della Camorra in città
Da sinistra: Giovanni Parascandolo, Ivano Maccani e Ivan Toluzzo
Da sinistra: Giovanni Parascandolo, Ivano Maccani e Ivan Toluzzo
 PADOVA.
Il coccodrillo Lacoste, il giocatore di Polo della Ralph Lauren e il calciatore di Bikkembergs, per finire con il marchio Fay di Della Valle o lo scudetto a stelle e strisce Blauer: simboli riprodotti alla perfezione e appiccicati su prodotti di ottima qualità, preparati da mani italiane, negli scantinati delle province di Napoli e Caserta. La holding del falso made in Italy era riuscita a mettere in crisi persino il mercato cinese, da anni ormai imbattibile sul terreno della contraffazione. Il tutto con la regia della Camorra, in particolare di alcuni esponenti del clan Ricciardi che impazzivano letteralmente per questi prodotti griffati a prezzo imbattibile. Ci hanno pensato gli uomini della guardia di finanza diretti dal colonnello Ivano Maccani e del tenente colonnello Ivan Toluzzo a sgominare la rete commerciale clandestina che, con basi operative in Veneto, Lombardia e Campania, stava mettendo in crisi i grandi marchi. Gli uomini delle fiamme gialle hanno eseguito 6 arresti e 127 denunce con relative perquisizioni, di cui 65 in Veneto: 16 a Padova, 22 a Venezia, 4 a Vicenza, 19 a Treviso, 3 a Rovigo e una a Belluno. L'organizzazione e la produzione era affidata rigorosamente agli italiani, mentre la rete distributiva era nelle mani dei marocchini. I destinatari delle misure cautelari sono: Sergio Lettieri, 42 anni, residente a San Felice Cancello (Caserta); Gennaro Grieco, 40 anni, di Casalnuovo di Napoli; Moulay Addane, 51 anni, marocchino, residente a Mira (Venezia) in via Malpaga 150; Ahmed El Amlouki, 45 anni, marocchino, residente a Camponogara (Venezia) in via Gramsci 13 interno 3; Rachid Falaki, 31 anni, marocchino, residente a Granze in via della Libertà 50/D. Un sesto componente dell'organizzazione, napoletano, è latitante.
 L'INIZIO.
Tutto è cominciato con il sequestro di tre paia di jeans in Prato della Valle. Da lì i finanzieri hanno cominciato a risalire la filiera, fino ad arrivare al gruppo di marocchini. Un gruppo super-organizzato, che lavorava senza disporre di un vero e proprio magazzino. Un ambulante richiedeva 500 pezzi? Il materiale veniva recuperato e consegnato nel giro di 48 ore.
 I LABORATORI.
La forza dell'organizzazione, che consentiva di sbaragliare la concorrenza cinese, stava nella disponibilità di manodopera di alta qualità, in grado di confezionare una sorta di «vero-falso». Come i piumini Moncler, praticamente identici agli originali. I sarti avevano il divieto assoluto di tenere contatti con gli imprenditori cinesi attivi in zona.
 I PREZZI.
Per gli acquirenti erano senza dubbio allettanti: nella collezione «clandestina» del prossimo autunno-inverno si andava, ad esempio, dai 30 euro del maglione Fred Perry da donna ai 300 dei piumini Moncler. I capi d'abbigliamento finivano nelle bancarelle di venditori ambulanti, sia stranieri che italiani, i quali poi li mettevano in vendita nei mercati o nelle spiagge venete.
 L'ORGANIZZAZIONE.
Ai tre marocchini era affidata la rete distributiva all'ingrosso. Ma i sostanziosi introiti non hanno scoraggiato Moulay Addane, residente a Mira, a chiedere l'ingresso in graduatoria per l'assegnazione di una casa Ater. Imbroglio scoperto e punito con la radiazione dalla lista. Rachid Falaki, marocchino, a Granze è molto conosciuto. Ha preso in mano l'attività di ambulante del padre, poi si è venduto al malaffare.
 MAGAZZINO IN LAGUNA.
La guardia di finanza ha sequestrato anche un motoscafo a Murano, trovato zeppo dei capi d'abbigliamento confezionati a Napoli. A.C., 46 anni, di Murano, è stato denunciato e ha subito la perquisizione domiciliare.
 TUTTO ALLA CARITAS.
Ora tutto il materiale, giubbotti, felpe, scarpe, saranno donati alla Caritas. L'ha annunciato con soddisfazione il colonnello Maccani, illustrando lo scacco a Gomorra  

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