Sicurezza a Padova: «Le guardie giurate hanno cambiato volto a piazza De Gasperi»
Massimo Pupa ha organizzato il servizio di sorveglianza a pagamento «Non mi aspettavo un grazie, ma nemmeno il rimbrotto di Fassari»

FERRO - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - SICUREZZA PIAZZA DE GASPERI
PADOVA. «Ecco, guardi qua com’era prima», dice Massimo Pupa scorrendo la galleria fotografica del suo telefonino, ingrandendo le immagini che ritraggono nomadi in pic-nic sulle aiuole, spacciatori in bicicletta, senzatetto con coperte e materassi sotto i portici, la sala bancomat di Banca Etica usata come ricovero. «In cinque mesi di vigilanza privata abbiamo cambiato volto a piazza De Gasperi. Non mi aspettavo un “grazie” ma nemmeno il rimbrotto del questore».

Massimo Pupa
Ingegner Pupa, lei ha 75 anni. Suo padre, Giuseppe Pupa, è stato capo della Squadra mobile di Roma, vicario del questore a Firenze e poi questore a Vicenza negli anni ’60. Lei, più di altri, può capire le ragioni di un uomo di Stato che lavora con la pubblica sicurezza. Perché se la prende così?
«Io nel 2017 sono stato in Questura con 400 firme per provare a chiedere una sorveglianza maggiore in piazza De Gasperi. Ci hanno detto sì, ci hanno dato i numeri di cellulare di alcuni poliziotti ma non è cambiato nulla. L’anno dopo sono stato, di nuovo, sia dai carabinieri che dalla polizia. Entrambi ci hanno detto che un presidio fisso non era possibile. E io, avendo vissuto con mio padre che faceva quel mestiere, lo capisco. Per questo abbiamo deciso di arrangiarci».

Dunque l’idea di ingaggiare la vigilanza privata è stata veramente la svolta?
«Qua sotto casa mia i tossicodipendenti si bucavano dietro i cassonetti, gli spacciatori facevano i loro bisogni sulle aiuole. Abbiamo una nipote di 15 anni e vivevamo con la paura che le succedesse qualcosa. In Argentina, dove ho vissuto e lavorato, ogni palazzo ha la sua guardia giurata. Mi sono mosso e ho messo d’accordo dieci condomini, quasi 800 persone. Paghiamo in tutto 70mila euro l’anno. Possiamo almeno dire agli spacciatori che qua non ci possono stare o è un’invasione di campo? ».
Certo, ma è legittimo da parte del responsabile della pubblica sicurezza su Padova e provincia ribadire i confini. Non trova?
«I nostri vigilanti non sostituiscono le forze dell’ordine ma segnalano casi sospetti. Nessuno vuole invadere il controllo del territorio. Siamo gente per bene, facciamo le cose con garbo e coscienza».

Le istituzioni approvare la formula del controllo di vicinato. Perché non provate a fare in quel modo?
«Il controllo di vicinato è quello che stiamo facendo. Viene indicato un capogruppo, il quale in una chat riceve messaggi, seleziona i pericoli e avvisa le forze dell’ordine. Il nostro capogruppo è un cittadino che fa la guardia di mestiere».
In questi mesi di sperimentazione quali indicazioni vi ha dato la Questura?
«Loro vogliono che la guardia giurata rimanga dieci minuti di fronte a un palazzo, dieci minuti di fronte a un altro e così via. Vogliono che venga rispettata una scaletta ma non ci vuole un genio per capire che, invece, la scaletta viene modificata in base agli eventi. Qui non ci sono più pic-nic sulle aiuole e la gente non usa più la piazza come un bagno pubblico. Se abbiamo ottenuto questo risultato è anche grazie al lavoro della guardia giurata che allontana chi si comporta in modo scorretto».
Ma il problema, oggi, è davvero risolto?
«La presenza della macchina della vigilanza privata con i fari accesi è un deterrente. Sono rimasti due o tre spacciatori in bicicletta ma se ne vanno appena vedono la pattuglia della Sicuritalia. Anche i clienti sono sempre meno, se non addirittura spariti. Abbiamo un ottimo rapporto con le forze dell’ordine, per questo non capisco il senso della polemica».
Più che una polemica è un monito: rispettare la regola della vigilanza immobile.
«Proprio perché capisco le dinamiche ho dato disposizioni chiare: nessuno deve alzare le mani. Una volta i vigili hanno fatto una sanzione a un tizio che dormiva sotto il portico. Lui si è preso il foglietto e si è rimesso a dormire. Il nostro vigilante, invece, gli ha spiegato che deve andare via e qua non s’è più visto».
Quale messaggio vuole mandare alle istituzioni?
«Uno soltanto, chiaro e forte: a noi la politica non interessa. Vogliamo solo risolvere il nostro problema». —
Enrico Ferro
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