Sofferenza nascosta dietro a un sorriso «Nidia ci mancherà»

VILLAFRANCA. Era entrata nel cuore di tutti alla casa di cura “Don Luigi Maran”, Nidia Lucia Loza Rodriguez, tanto nel cuore degli ospiti che dei colleghi e delle suore elisabettine che gestiscono la struttura a Taggì di Sotto, frazione di Villafranca Padovana.
A Casa Maran, dove la donna lavorava come infermiera da alcuni anni, si respira la profonda tristezza che la notizia della sua morte così tragica, avvenuta mercoledì sera per mano del marito Mirko Righetto, ha lasciato in chi aveva lavorato fianco a fianco con lei. Sempre sorridente, nonostante non facesse mistero dei problemi familiari che la assillavano e della sofferta decisione che aveva preso, quella di lasciare il marito. Era stanca della pesante situazione che si era venuta a creare a casa, a Camisano Vicentino, dove abitava con il coniuge (sposato quattro anni fa dopo otto di convivenza) e con la figlioletta di tre anni appena. La bimba era immersa nel sonno al piano superiore della villetta mentre il papà sferrava diverse coltellate alla sua mamma, lasciandola a terra, in cucina, ormai priva di vita prima di costituirsi.
Ieri sera le colleghe libere dal turno hanno partecipato alla fiaccolata promossa dal sindaco di Camisano, stasera invece la tradizionale veglia del Sabato santo a Casa Maran sarà dedicata con il pensiero e la preghiera a Nidia Lucia. Si sta organizzando anche una raccolta di fondi per la cerimonia e per la figlioletta. «Siamo in lutto» dichiara suor Gianna, direttrice dell'istituto, «perché cerchiamo di essere tutti una grande famiglia e Nidia Lucia ne faceva parte. La ricorderemo per sempre nel nostro cuore e nella preghiera». A lei il compito, giovedì mattina di radunare il personale presente nell'istituto (dove sono ricoverati un centinaio di ospiti e alle cui dipendenze lavorano altrettanti operatori sanitari) e di comunicare loro che Nidia Lucia non sarebbe più tornata a lavorare. Un pianto dirotto ha accolto le parole della religiosa e difficile è stato per tutti continuare ad occuparsi degli ospiti, con gli occhi lucidi e il groppo in gola, pensando a Nidia Lucia che non sarebbe ricomparsa dalla porta con il suo bel sorriso sulle labbra, alla terribile morte che l'aveva colta e soprattutto alla piccina, rimasta sola.
I colleghi sapevano da tempo dei dissapori sorti tra Nidia Lucia e il marito, acuitisi con le difficoltà economiche in cui versava l'attività di Righetto, un'azienda di serramenti, ereditata dal padre, i cui affari, negli ultimi tempi, non andavano più bene come una volta. Ed erano continue liti, che avevano spezzato l'armonia in casa, a tal punto che la donna aveva deciso di andarsene. È stata questa la molla che ha fatto scattare la furia omicida del marito, oppresso dalla paura di perdere la piccola, di non poterla rivedere più qualora la moglie fosse tornata in Colombia, suo Paese d'origine. Ma a parte raccontarlo, il suo dolore Nidia Lucia non lo portava sul luogo di lavoro, anzi, era sempre sorridente e disponibile, benvoluta e apprezzata come infermiera, tanto che dopo un grave incidente automobilistico, che l'aveva costretta a una lunga assenza per malattia, l'avevano riaccolta tra il personale dell'istituto.
«Non possono più essere tollerate queste tragedie» dichiara Franco Maisto della segreteria provinciale della Fp Cisl, che aveva seguito le lavoratrici nel passaggio da una cooperativa all'assunzione diretta nell'istituto «Occorrono una riflessione e una preghiera».
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