«Sono in vacanza in Spagna». Ma era in cella

TREVISO. Uscì di casa nel dicembre del 2006. Salutò i genitori e disse che andava a trascorrere il Capodanno in Spagna. È rientrato in Italia quattro anni dopo, con le manette ai polsi e un’accusa pesantissima a suo carico: traffico internazionale di cocaina.
Ora il suo nome, Martino Corbo, 37 anni di Treviso, figura nella maxi-inchiesta della Distrettuale Antimafia di Milano che in queste ore ha portato in cella decine di persone in Italia e in Europa per il reato di associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Un’indagine che inizia nel 2007 quando gli investigatori scoprono un giro di coca proveniente dal Venezuela e dalla Colombia, portata in Europa attraverso imbarcazioni transoceaniche con doppio fondo.
Il 10 febbraio di quell’anno, a 60 miglia delle coste di Almeria e diretto verso le Baleari, viene bloccato il mercantile Abanto: dentro ci sono 5 tonnellate di coca, valore di mercato 250 milioni di euro. I poliziotti dell’Agenzia nazionale di Madrid arrestano l’equipaggio tra cui, appunto, lo skipper Martino Corbo. L’uomo era stato ingaggiato per quel lavoro dai fratelli Cattelan, figure di spicco dell’inchiesta dell’Antimafia di Milano. Si scoprirà successivamente che dietro quel traffico di droga ci sono le cosche calabresi. Corbo viene condannato a 14 anni di reclusione: fino al 2010 rimane in carcere in Spagna per essere poi rimpatriato in Italia. Ora si trova in carcere a Milano. L’uomo soffre di seri problemi di salute ed è stato già sottoposto a un intervento chirurgico. Anche per questo il suo legale, l’avvocato Alessandra Nava, punta ora a ottenere una misura più lieve. Una storia singolare quella di Martino Corbo che ha deciso all’improvviso di lasciare la sua città, la sua casa e la sua famiglia - appartenente all’alta borghesia trevigiana - per diventare lo skipper della droga. L’uomo, dopo essere uscito di casa dicendo che andava a trascorrere il Capodanno in Spagna, aveva fatto perdere le sue tracce anche con i genitori. Tanto che la famiglia, visti gli inutili e ripetuti tentativi di mettersi in contatto con lui, ne denunciarono infine la scomparsa. Un uomo, uno sconosciuto, telefonò qualche tempo dopo ai parenti dicendo che non dovevano preoccuparsi per lui, che aveva trovato un lavoro in Spagna e che stava bene. In realtà era rinchiuso nelle carceri spagnole. (s.t.)
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