Sotto inchiesta coppia di gemelli truffatori seriali
Avrebbero agito d’intesa, sfruttando la fortissima somiglianza e i dati anagrafici (nome a parte) identici, allo scopo di commettere truffe. È l’ipotesi della procura di Vicenza che ha avviato indagini su due gemelli padovani accusati, oltreché di aver commesso due stangate, anche di simulazione di reato dopo aver acquistato a rate, senza pagarli, lo schermo di un televisore e uno smartphone, per un valore di 1.600 euro. Ora Andrea e Simone Ferrari, 29enni di Padova, potranno farsi interrogare e chiarire la loro posizione.
I fatti ricostruiti dalla procura risalgono al periodo compreso fra il marzo e il settembre di due anni fa e sarebbero avvenuti nlla città berica. Era accaduto che un giovane (nella tesi accusatoria, Simone) si presentasse a uno sportello del centro commerciale Palladio, a Vicenza est, per acquistare uno schermo di nuova generazione da 699 euro. Aveva chiesto un finanziamento, esibendo una copia della carta d’identità e della busta paga. Dopo qualche tempo il finanziamento gli era stato accordato, lui aveva compilato tutti i moduli, firmando con il nome di Andrea Ferrari. Si era preso lo schermo e se n’era andato. Successivamente era tornato, questa volta per comprare anche il cellulare di ultima generazione, al prezzo di circa 900 euro. Anche in questo caso aveva ottenuto l’ok e si era preso il telefonino.
Di canoni, avrebbe dovuto pagare circa 100 euro al mese; aveva versato in entrambi i casi solo la prima maxi-rata. Quei canoni erano arrivati in pagamento ad Andrea Ferrari. Quest’ultimo aveva contattato negozio e finanziaria, sostenendo di non aver comprato nulla. Si era recato al centro commerciale per protestare e gli avevano fatto vedere le fotocopie. «Non è lei?». «Sono io, ma la firma non è mia. Sono vittima di un furto di identità». Era stato invitato a sporgere denuncia; nel frattempo anche il negozio aveva provveduto a denunciare la frode.
Sarebbe filato tutto liscio, per i due gemelli che, secondo gli inquirenti, erano complici, non fosse stato che un solerte poliziotto di Padova, che aveva avuto a che fare con i due fratelli per altre vicende, si era accorto che qualcosa non tornava. Era emerso che nel telefonino era stata inserita una sim-card intestata a Simone, gemello della vittima del furto di identità. —
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