Sport e Covid: Ghedina, Bramos, Pittis e Galtarossa scrivono ai giovani del Veneto. "Non rassegnatevi!"

Abbiamo chiesto a quattro grandi campioni di indirizzare una lettera aperta ai ragazzi e le ragazze alle prese con le restrizioni da Coronavirus. Il consiglio: niente sconforto, continuate ad allenarvi e non mollate le vostre passioni sportive

Volevamo fare una cosa diversa, dare un segnale alle ragazze e ai ragazzi che amano lo sport e che quindi soffrono, in questa lunga emergenza che ha cambiato le abitudini e le prassi, incidendo sui desideri, sulle emozioni.

Ragazze e ragazzi che si ritrovano senza il loro gioco, la loro squadra, le loro sfide. A disagio per allenarsi e per competere. Eppure bisogna resistere, crederci. Come se il Covid fosse un avversario in campo, una salita da superare, una partita da vincere.

Abbiamo cercato dei campioni che sapessero essere sinceri; che avessero mente, cuore e parole. E li abbiamo trovati. Sono Kristian “Ghedo” Ghedina indimenticato campione di sci,  Michael Bramos, capitano della Reyer, Riccardo Pittis, benemerito della Benetton Basket e Rossano Galtarossa, campione olimpico di canottaggio a Sidney, 166 medaglie d'oro in carriera, direttore della Canottieri Padova.

KRISTIAN GHEDINA

Lo sport è vita. Per Cortina, oggi, diventa sinonimo di rinascita. Una doppia funzione che corre parallela, scandita da una quotidianità fatta di limitazioni e rinunce. Colpa del Covid, che ha modificato il nostro essere ma che, non per questo, deve abbatterci.

Nella mia vita da sportivo sono caduto spesso, ma ogni volta mi sono prontamente rialzato per tornare immediatamente e senza indugi a fare quello che più ho amato: sciare. Anzi, è proprio cadendo che si impara, e si cresce. La velocità è stata la mia forza, unita a un pizzico di sana scelleratezza, la stessa che mi ha spinto a fare quella spaccata sulla mitica Streif di Kitzbuhel. Ve la ricordate, vero? Ancora oggi, ogni volta che ci ripenso, un brivido di adrenalina mista ad emozione mi corre lungo la schiena!

Ho trascorso gran parte della mia vita all’aria aperta, d’estate e d’inverno fa poca differenza. L’ho fatto in montagna, e la considero la mia grande fortuna, perché montagna è sinonimo di ambiente sano ed aria pura. In montagna ho mosso i primi passi, ho imparato a sciare, ma più in generale ho iniziato a fare sport. Lo sport che ha scandito ogni momento della mia vita, facendomi diventare prima uomo e poi padre. Che gioia!

Ogni tanto però, guardandomi per un attimo indietro, tutto appare un po’ diverso, quasi ovattato, sicuramente condizionato dal momento che stiamo vivendo ma, parliamoci chiaro: paura e sconforto non devono prendere il sopravvento. Sono certo, da inguaribile ottimista, che presto torneremo a fare quello che più ci piace ed appassiona.

Grandi e piccini, tutti allo stesso modo: torneremo a fare sport. All’aria aperta, per chi ha la fortuna di vivere in montagna come il sottoscritto, ma anche in palestra per chi cerca una sana valvola di sfogo dopo una giornata di duro lavoro in città. Lo sport è vita, è salute, è divertimento ma è soprattutto socialità.

La montagna è l’ambiente ideale dove fare sport. Soprattutto di questi tempi, in cui distanze e sicurezza sanitaria rappresentano un mantra da ripetere ed al tempo stesso rispettare rigorosamente, per il proprio bene e quello altrui. Dici montagna e pensi a Cortina, la mia Cortina.

Cortina che oggi è diventata il simbolo di un mondo, quello dello sport, che prova a rialzare orgogliosamente la china dopo un lungo periodo fatto di sacrifici e difficoltà. Cortina sinonimo di rinascita, sulle ali dell’entusiasmo dettato dall’assegnazione dei campionati del mondo di sci alpino ormai alle porte. Una rinascita anche simbolica, perché la pandemia non si è dimenticata di noi e, per questo motivo, ci costringerà a seguire il primo grande evento sportivo internazionale post Covid 19 attraverso la televisione.

Nonostante questo, nonostante tutto, rinascita sarà. Una ripartenza sulla quale porre le basi per un futuro migliore. Impegno, abnegazione e responsabilità, col pensiero rivolto alle future generazioni che hanno bisogno dello sport per diventare persone migliori. Viva lo sport, Viva lo Sci, Viva Cortina: parola del Ghedo.

La scheda. Kristian Ghedina, conosciuto simpaticamente col soprannome di Ghedo, è stato uno sciatore alpino che vanta anche una parentesi sportiva come pilota automobilistico. Classe 1969, ampezzano doc nato a Pieve ma cresciuto a Cortina, ha vissuto una lunga carriera da sciatore professionista concentrata negli anni dal 1987 al 2010. Nel suo palmares figurano tre medaglie mondiali e trentatré podi in coppa del mondo. Quattro le partecipazioni ai giochi olimpici invernali. Dopo Albertville, Lillehammer e Nagano, l'ultima apparizione a cinque cerchi risale al 2002, a Salt Lake City. È ambassador di Cortina 2021.

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MICHAEL BRAMOS

Bramos Michael.Umana Reyer Venezia vs Joventut Badalona.7DAYS EuroCup Regular Season 2020/2021.Venezia, 08/12/2020.Foto A. Gilardi/Ag. Ciamillo Castoria
Bramos Michael.Umana Reyer Venezia vs Joventut Badalona.7DAYS EuroCup Regular Season 2020/2021.Venezia, 08/12/2020.Foto A. Gilardi/Ag. Ciamillo Castoria

La mia passione per il basket è iniziata quando avevo 3-4 anni. I miei genitori appesero un piccolo canestro nella mia casa di Harper Wood, nel Michigan, e da lì è nato l’amore per la palla a spicchi. Non ho mai smesso di giocare a pallacanestro: ho praticato, crescendo, molti sport, come calcio, baseball e football americano.

Questo per dirvi, ragazzi, che non bisogna tralasciare alcuna disciplina sportiva. Fino a 18 anni ho giocato sia a baseball che a basket, e poi ho fatto la scelta definitiva, andando in un college per migliorare la mia pallacanestro. Essendo di Detroit, i miei idoli erano i Pistons.

Lo so che per voi è dura non allenarvi e non giocare le partite, ma vi do un consiglio: non perdete la gioia e la felicità di guardare alla televisione i vostri campioni, usate ogni occasione utile della giornata per pensare alla palla spicchi, cercate di tenere la fiamma viva, sfruttate ogni momento per giocare a basket, dentro casa, nel vialetto esterno o nel campetto vicino.

Anch’io sono padre e ho due figli: quest’anno avevo intenzione d’iscrivere mio figlio Cameron al minibasket, ma non potuto per le note vicende del virus. Non mi sono perso d’animo, ho installato un canestro, dentro casa, e così, quando torno dall’allenamento, inizia il mio secondo lavoro con Cameron...

Ragazzi, bisogna cercare di trovare felicità, attrezzarsi per il divertimento e non farsi prendere dallo sconforto.

Quand’ero piccolo, il basket era la mia gioia: i miei genitori m’imponevano di fare i compiti. Quando avevo finito, non vedevo l’ora di scappare dai miei compagni. Giocavo con il caldo e il freddo, anche con i birilli: tutto ciò mi ha aiutato a crescere. Fate così anche voi: non smettete di divertirvi anche in questo momento.

C’è il rischio che qualche bambino lasci la pallacanestro, ma l’importante è continuare a fare sport, magari qualcuno tornerà indietro, ma è fondamentale che tutti seguiate il vostro percorso. Speriamo che possano presto riaprire i palazzetti e che veniate con i vostri genitori. Anche i miei bambini non vedono l’ora, sono in trepida attesa, il palazzetto è un momento di grande gioia e leggerezza.

È stupendo vedere il Taliercio, alla fine delle partite, con voi bambini che palleggiate e cercate di far canestro: è un’emozione impagabile.

Permettetemi, infine, di enunciare, da capitano, i quattro principi che sono le basi fondanti di un giocatore della Reyer, dalla prima squadra al settore giovanile: 1) rispetto (delle regole, del tuo compagno, dell’autorità e dell’avversario); 2) inclusione; 3) altruismo (il basket è uno sport di squadra, bisogna sempre accettare i limiti del tuo compagno, che deve sempre essere aiutato); 4) condivisione (nessuno perde e vince da solo, bisogna imparare a stare insieme, allenarsi in armonia per avere momenti di amicizia e gioia anche fuori dal parquet).

Ecco, se seguirete questi quattro principi, il basket vi apparirà lo sport più bello del mondo. E lo è davvero, ve lo garantisco!

La scheda. Michael Bramos è nato a Harper Woods, nel Michigan, il 27 maggio 1987. È un cestista statunitense naturalizzato greco, ala piccola della Reyer Venezia in serie A. Dall’anno scorso è anche il capitano della squadra orogranata. Nel corso della sua carriera ha vinto due campionati greci (2012/’13 e 2013/’14), due Coppe di Grecia (2012/’13 e 2013/’14) con il Panathīnaïkos, due campionati italiani (2016/’17 e 2018/’19), una Coppa Italia (2020) e una Fiba Europe Cup (2017/’18) con la Reyer. Ha preso parte a EuroBasket 2011, qualificazioni olimpiche 2012 ed EuroBasket 2013 con la nazionale greca.

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RICCARDO PITTIS

TREVISO 14-3-2004 BENETTON-SNAIDERO UDINE IN FOTO PITTIS benettin-udine
TREVISO 14-3-2004 BENETTON-SNAIDERO UDINE IN FOTO PITTIS benettin-udine

Ragazzi, vi voglio raccontare una storia d’amore.

Tutto è iniziato tantissimi anni fa, esattamente nel 1974, quando ancora ero in prima elementare. L’ho conosciuta e me ne sono innamorato immediatamente. Eravamo fatti l’uno per l’altra, l’ho capito fin dal primo giorno, un vero colpo di fulmine.

Quel giorno è entrata nella mia vita e non ne è più uscita.

Quel giorno ho iniziato ad amare la pallacanestro, un grande amore mai finito.

Quanti giorni e quante notti passate insieme, giocandola, guardandola mentre altri la giocavano dal vivo o in televisione, pensandola o parlandone con amici o compagni di squadra.

Per molti anni le mie giornate iniziavano al mattino con la scuola e proseguivano con gli allenamenti con la squadra, i compiti quando tornavo a casa e, una volta terminati, il campetto con gli amici fino all’ora di cena.

Ho appena fatto il conto di quanti allenamenti ho fatto nella mia vita e guardando il risultato ho sorriso: circa 12.000. Più o meno venticinquemila ore in palestra, senza contare quelle al campetto e le partite. Se non è amore questo..

Ed è stata proprio questa incredibile passione per lo sport più bello del mondo che mi ha permesso di avere un’infanzia, un’adolescenza ed una vita felice. Tutti quei giorni e quelle ore passate con il basket, sono indubbiamente state le più belle della mia esistenza e posso ritenermi un uomo molto fortunato per aver potuto vivere questa esperienza.

Ed è proprio dall’Amore, quello con la A maiuscola, che dovete iniziare ragazzi.

Questa maledetta pandemia vi sta togliendo momentaneamente la possibilità di andare in palestra ad allenarvi con i vostri compagni di squadra o di andare al campetto con i vostri amici. Faccio fatica ad immaginare quanto possa essere dura e capisco che siate demotivati ed abbiate la tentazione di mollare tutto.

Per questo vi dico di partire dall’Amore. Vi possono togliere lo sport, ma non vi potranno mai togliere la passione per lo sport. Sfruttate quel fuoco che sentite dentro e trasformate la vostra rabbia e frustrazione in energia e motivazione.

Prendete un pallone ed andate in strada. Allenate il ball-handling in un parcheggio, giocate da soli una partita immaginaria, tirate al campetto in solitudine, inventatevi un canestro con il cestino della spazzatura ed un pallone con carta e scotch, andate a correre per il fiato, fate degli scatti davanti a casa, trovate su internet degli esercizi per velocizzare i vostri piedi, fate qualunque altra cosa vi venga in mente ma non fermatevi mai.

Dobbiamo accettare questa situazione, ma non dobbiamo rassegnarci ad essa. Ricordatevi. Per quanto questo virus sia forte, non sarà mai forte abbastanza quanto il nostro Amore.

W il basket. W lo sport (and fuck the covid..). —

La scheda. Nato a Milano il 18 dicembre 1968 sotto un’abbondante nevicata, ha affrontato la prima sfida a 6 anni, correggendo un difetto congenito al cuore. Ala, ha iniziato nell’Olimpia Milano, in prima squadra - a 16anni - dal 1985 al 1993. Poi è arrivato alla Benetton Treviso, nella Marca è diventato capitano e simbolo, ha chiuso la carriera nel 2004 e qui ha trovato casa, contribuendo alla fondazione di Treviso Basket. Per 118 volte in nazionale, è il giocatore italiano più titolato della storia dopo Meneghin (13 trofei a Treviso, di cui 3 scudetti). Già telecronista di Sky e team manager della nazionale, ora è mental coach e speaker motivazionale.

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ROSSANO GALTAROSSA

Sono un padre. Mia figlia ha 11 anni e dopo una dozzina di mesi, di recente, è riuscita a tornare a fare sport rientrando in una squadra agonistica di ginnastica artistica. Non nascondo l’emozione che ho provato nel vedere con quanta passione ha ripreso quell’attività che le era mancata tantissimo.

Ed è sempre mia figlia che, diverse settimana fa, mentre ascoltavamo assieme il telegiornale, se ne è uscita così: «Papà, non dirmi che chiudono di nuovo la scuola!». Mi ha lasciato impietrito. Il suo bisogno di socializzare e interagire è quello di tantissimi coetanei. E lo sport è una parte fondamentale di questa interazione. È significativo che lo si debba sottolineare.

In questi mesi ci siamo trovati a dover rovesciare molte delle nostre convinzioni più assodate. Dicevamo ai nostri ragazzi: usate con parsimonia smartphone e pc, perché rischiate di perdere il contatto con la realtà. E invece monitor e webcam spesso sono diventati l’unica via per seguire le lezioni a scuola.

Dicevamo loro che occorreva organizzarsi per abbinare lo studio alla pratica sportiva, fermamente convinti che un ragazzo che impara a gestire il suo tempo acquisirà la capacità di farlo in modo autonomo anche quando diventerà un adulto. Poi, di colpo, sono stati chiusi impianti e palestre. E, per inciso, siamo il terzo paese in Europa per quanto riguarda l’incidenza dell’obesità infantile dopo Cipro e Grecia, e chi mastica un po’ la questione sa che molto spesso l’obesità infantile diventerà obesità in età adulta, con tutte le conseguenze per la salute che questo comporta, ed è anche questo un aspetto che non può essere eluso.

Siamo in un Paese in cui, ancora oggi, a scuola, molti insegnanti considerano lo sport come un ostacolo allo studio. Io al contrario considero questa un’idea aberrante.

Perché lo sport educa alla vita e alle relazioni interpersonali, favorisce la crescita e l’apprendimento, rafforza la personalità e l’autostima. Non solo consente di imparare a conoscere il proprio corpo e i gesti atletici della propria disciplina; permette anche di ricevere un’educazione e dei valori in un contesto diverso da quello della famiglia e della scuola. Educazione e valori che, proprio per questo, spesso vengono assimilati in modo più naturale.

Lo sport aiuta a superare ostacoli, a vincere la fatica, a risolvere problemi, a vivere le sconfitte, a sostenersi l’un l’altro. Ne consegue che bambini e giovani devono poter tornare a praticarlo quanto prima. Certo, in sicurezza, rispettando le norme. Ma tenete presente che tutto il mondo sportivo si era già messo in regola con i protocolli: magari nelle palestre non si faranno i numeri di prima, ma con le dovute accortezze avrebbero potuto restare aperte accogliendo meno persone. E invece non solo non è successo, ma mi pare che non sia nemmeno un tema di discussione.

Dire che lo sport viene “dopo”, perché ci sono temi più importanti, è un errore grave. E lo affermo senza nemmeno voler aprire la questione dell’impatto economico che riguarda associazioni sportive e palestre, che oggi non hanno introiti.

L’attività sportiva, svolta in sicurezza, deve essere considerata vitale per i giovani, un formidabile strumento formativo per le attuali e le future generazioni. Non possiamo togliere ai nostri ragazzi questa opportunità. Lo sport è un diritto che non può più essere negato. —

La scheda. Rossano Galtarossa è nato il 6 luglio del 1972; è il più grande atleta padovano di sempre, con le sue quattro medaglie vinte in cinque diverse edizioni dei Giochi Olimpici. In maglia azzurra per 16 anni consecutivi, a Barcellona ’92 ha conquistato il bronzo nel quattro di coppia, imbarcazione con cui ha vinto l’oro a Sidney 2000 e l’argento a Pechino 2008. Ma ha gareggiato anche in 12 edizioni dei Mondiali, guadagnando il podio ben 10 volte. Nella sua carriera conta 166 medaglie d’oro, 59 medaglie d’argento e 26 medaglie di bronzo. Oggi Rossano è direttore della Canottieri Padova.

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