Stabile, l’affondo di Beltotto: «Se resta così, è da chiudere»

Bilancio in crisi, pubblico in fuga, un nuovo direttore da scegliere. Lunedì il cda Tra i nomi più accreditati Michieletto e Quaglia, la Caprioglio si autocandida
Di Enrico Tantucci

VENEZIA. Un Teatro Stabile del Veneto traballante, da rifondare - trovando un equilibrio economico e un nuovo pubblico, che sembra avere perduto in questi anni - scegliendo, nel frattempo, anche il successore di Alessandro Gassmann alla direzione artistica. Possibilmente giovane e veneto, oltre che competente. È la missionche si è dato il nuovo consiglio di amministrazione del teatro regionale basato sul Goldoni di Venezia e il Verdi di Padova che lunedì si riunisce per una seduta dalla quale dovrebbe uscire un’indicazione precisa sul suo futuro. Nel frattempo, fioccano le candidature e le autocandidature per la poltrona di Gassmann, il cui mandato scadrà a luglio. In pole-position sembra esserci il regista Damiano Michieletto. È giovane, solo 38 anni. È veneto, anzi veneziano. Ed in più è un apprezzato regista lirico, il che in questo caso non guasta perché il cda dello Stabile - presieduto da Angelo Tabaro, con i registi Bepi Morassi e Paolo Trevisi, l'attore Roberto Citran e il responsabile marketing della Fenice Giampiero Beltotto, vicepresidente - è un po’ una succursale del teatro lirico veneziano: con Beltotto, Morassi è direttore produzione della fondazione lirica e lo stesso Trevisi ha militato nel suo consiglio di amministrazione. Un’integrazione nell’attività dei due teatri è dunque nell’ordine delle cose.

Altro nome che circola è quello di Renato Quaglia. Già direttore organizzativo della Biennale Teatro - anche se alla fine con un esodo un po’ traumatico - e una lunga esperienza nei teatri italiani, ora alla guida della Fondazione Centro Ricerche Teatrali di Milano. E poi Franco Ricordi, milanese, che oltre a essere il figlio di Teddy Reno, è attore, scrittore regista, già direttore artistico dello Stabile d’Abruzzo. Si segnala infine un’autocandidatura a sorpresa: quella dell’attrice veneziana Debora Caprioglio, indimenticata interprete, tra gli altri film, di “Paprika” di Tinto Brass, ma che ora è anche impegnata in politica aderendo ad Alleanza di centro (il partito di Francesco Pionati, amico del marito) di cui è responsabile nazionale Cultura e Spettacolo.

Ma prima ancora che al direttore, c’è da pensare alle condizioni del Teatro Stabile, come sottolinea proprio Beltotto: «Così com’è, questo teatro sarebbe francamente da chiudere, perché le sua gestione economica è veramente precaria, la sua assenza dal cuore delle città in cui vive è evidente e la programmazione degli ultimi anni, unita a una mancanza di un’efficace politica di marketing e di dialogo con il territorio, da Padova a Venezia, ha provocato una vera e propria disaffezione da parte del pubblico. La biglietteria e la politica di diffusione del marchio dello Stabile sono veramente ridotte al lumicino, con un Goldoni ad esempio chiuso per tre mesi nel cuore della stagione turistica. In queste condizioni, quella che si impone è una vera e propria rifondazione del Teatro stabile, che potremmo attuare senza condizionamenti politici, perché sia la Regione, sia i Comuni di Padova e Venezia sono al nostro fianco nel sostenere la richiesta di un cambiamento. A questo Teatro servono persone giovani, capaci di valorizzare come merita la grande tradizione teatrale del Veneto, reimpostando contemporaneamente un rapporto con il pubblico, soprattutto giovanile, ma anche con il mondo dell’imprenditoria, oggi del tutto assente a Padova come a Venezia. Si è perso fin troppo tempo, e ora è arrivato il momento di cambiare pagina, se vogliamo veramente salvare lo Stabile del Veneto. Cominciando già da lunedì in consiglio di amministrazione». C’è da sciogliere anche un altro enigma: se il nuovo direttore artistico debba avere, come pareva, anche un’identikit manageriale - e in questo caso, ad esempio, un nome come quello di Michieletto non andrebbe più bene - o se debba essere un uomo di spettacolo, lasciando al Cda e l presidente l’imprenditorialità. Si attendono lumi.

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