«Stermineremo i romeni» Commessa indagata

Parole offensive contro i romeni. Per questo è indagata per razzismo una commessa di un negozio delle piazze, bella e conosciuta visto che ha pure vinto un concorso da miss di recente. Tutto nasce da un esposto del Centro assistenza dei Cittadini romeni di Siena che ha denunciato alla procura toscana un post razzista su Facebook che aveva suscitato le ire di molti romeni che si erano sentiti a dir poco offesi. In quel messaggio trapelava l’odio verso la loro razza. «Romeni, puttane senza pudore, badanti represse e altri elementi puzzolenti, prima o poi li sterminiamo tutti». Dopo una prima indagine era emerso che l’autrice del post era una padovana e quindi il fascicolo è stato trasmesso alla procura padovana ed è finito sul tavolo del sostituto procuratore Sergio Dini. Che ha indagato la commessa, visto che il post è stato fatto da lei in base alla cosidetta Legge Mancino che sanziona e condanna gesti, azioni e slogan legati all’ideologia nazifascista, e aventi per scopo l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali. Il post della ragazza che, come detto si scopre essere una commessa di un negozio delle piazze aveva ricevuto parecchi commenti, sia a favore che di censura. Era stato segnalato alla associazione senese e da lì è partito l’esposto denuncia. Un’associazione apartitica che ha sede a Poggibonsi e svolge attività di promozione sociale e si propone in particolare fornire informazioni e assistenza legale consulenza per il collocamento della manodopera romena, consulenza su problemi familiari e sociali oltre aiutare i romeni. L’ultimo caso clamoroso di odio razziale aveva coinvolto la consigliera di quartiere di Padova espulsa dalla Lega Nord per aver incitato su Facebook a stuprare, nel giugno 2013, l'allora ministro dell'Integrazione Cecile Kyenge, la prima donna di colore di origine africana a ricoprire un incarico così rilevante nella storia repubblicana.
La Cassazione ha confermato il 22 maggio scorso la condanna a 13 mesi di reclusione, pena sospesa, per la Valandro. Il verdetto è stato depositato ieri. «Il tentativo della Valandro di sostenere che l'istigazione allo stupro della Kyenge rappresenta espressione della libertà di pensiero garantita dall’articolo 21 della costituzione è stato respinto dalla Cassazione. Gli “ermellini” hanno obiettato che quella frase “per il suo stesso tenore (mai nessuno che se la stupri), non può oggettivamente rappresentare espressione di manifestazione del pensiero, garantita dall'articolo 21 della costituzione che cessa quando travalica in istigazione alla discriminazione ed alla violenza di tipo razzista».
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