Storie di resistenza 1/ «Aperti per i clienti, ma non conviene»

Matteo Broggio, titolare di La Vecia Padova ci prova.«Aspetto qualche giorno, vediamo come va e dopo decidiamo»

Matteo Broggio (al centro) titolare di La Vecia Padova in via Dietro Duomo
Matteo Broggio (al centro) titolare di La Vecia Padova in via Dietro Duomo

PADOVA. Il bar La Vecia Padova, in via Dietro Duomo da 20 anni, resta aperto in zona rossa. Il titolare, Matteo Broggio, si è dato una settimana di tempo: «Vediamo come va e dopo decidiamo se rimanere aperti oppure chiudere», spiega.

È principalmente una questione economica: bisogna star dentro le spese. A Natale, tra frammenti di giallo, spezzatino di arancione e spruzzate di rosso, Broggio aveva deciso di rimanere sempre chiuso. Oggi cambia idea per dare un servizio alla zona: «Abbiamo deciso di restare aperti per dare un servizio» conferma «tuttavia temiamo sia antieconomico. Cerchiamo di fare il nostro lavoro, ma non ho idea del bacino di clientela che ci sarà questa settimana. Speriamo di mantenere il rapporto con il cliente, ma è evidente che, lavorando soprattutto con dipendenti e università, la maggior parte è a casa in questo momento».

Matteo è in via Dietro Duomo da due decenni e due anni fa ha attraversato la strada: dal lato destro si è trasferito al sinistro. Qui, in condizioni normali, passano ogni giorno frotte di lavoratori, soprattutto dipendenti pubblici e studenti. Con il titolare lavorano una dipendente e una collaboratrice familiare, in zona rossa c’è solo Loretta, la dipendente.

Matteo ha scelto, ancora una volta, la responsabilità: non vuole lasciare a casa la lavoratrice. «In due siamo più che sufficienti», spiega ancora «dato che siamo al 50% del lavoro».
Alle 11.50 entra la signora Piera, che lavora in centro storico. È venuta a prendere i tramezzini per sé e per i colleghi: spesa 10 euro.

Del resto gli ordini arrivano soprattutto via Whatsapp, il menù viene caricato ogni giorno su Facebook e Instagram. Si paga con denaro contante e bancomat: «Sono aumentati i pagamenti elettronici» riferisce Matteo «ma credo che dipenda da cashback e non dalla zona rossa».

Intanto sono arrivate le 13, di solito a quest’ora il bar pullula di clienti che pranzano. Non in zona rossa. Adesso entrano alla spicciolata, prendono tramezzini e panini, niente pasta fredda, cous cous, riso e altri piatti più elaborati che, pure, Matteo non fa mancare.

Arriva Arturo, che lavora all’Università, entra con un largo sorriso: «Evviva» dà il buongiorno ai presenti «finalmente una vetrina aperta» e prende il pranzo per sé e per sua moglie: 13 euro. Un segnale, certo, ma non bastano davvero. Il cassetto piange, i tavoli e le sedie raccolti uno sull’altra danno l’impressione di un locale “spento”, eppure basta l’ingresso di un altro cliente perché riprenda vita.

Matteo non nasconde la preoccupazione: «Le paure sono più di una: quella di non guadagnare, soprattutto considerando che non abbiamoancora visto ristori, se non il primo, ma siamo anche allarmati dal nuovo aumento dei contagi. Noi disinfettiamo continuamente e per fortuna stiamo tutti bene». —

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