Sulla tavola di Pasqua, a ognuno la sua focaccia

Giuliana, friulana, trentina o veneta è ingrediente fondamentale della festa e versione dolce di un simbolo, il pane



Dopo le privazioni della Quaresima, la tavola pasquale della tradizione italiana si riempie i tanti alimenti simbolici variamente elaborati. E due sono quelli che non mancano mai, da nord a sud: l’agnello, simbolo di purezza, e l’uovo, emblema della fertilità e del ritorno alla vita. Le uova accompagnano le pietanze o decorano la tavola, sode e colorate assieme a quelle di cioccolato; e, anche, colorano di giallo gli impasti di golose interpretazioni moderne dell’alimento simbolico per eccellenza: il pane.

Alti e soffici

Un buon numero di uova, farina e lunghe lievitazioni sono gli ingredienti principali dei dolci pasquali tipici del Triveneto: alti e soffici, ideali per sfarzose colazioni e per coronare un pranzo luculliano, ma anche comodi da mangiare “al sacco” nell’immancabile gita fuori porta di Pasquetta.

Pinze o corone

Per le pinze della tradizione giuliana o per la corona pasquale trentina, si tratta – con le dovute variazioni locali e personali – di pasta brioches ricca di uova, burro e aromi, non troppo dolce così da poter essere anche accompagnata a cibi salati. L’impasto del dolce delle Feste della Valli del Natisone, la gubana, non è molto diverso da questi, anche se viene poi riccamente farcito.

Un po’ più a sud, in Friuli e in Veneto, la pinza pasquale (da non confondersi con quella epifanica del Veneto orientale), diventa fujazza, fujazziz, fugassa. Focacce, insomma.

E sono tutte molto simili tra loro per genesi (impasto da pane arricchito per l’occasione di uova e di burro) e per le lievitazioni successive – con l’aggiunta progressiva degli ingredienti – che conferiscono alla preparazione un tono quasi rituale, fatto di lavoro e di attesa, di condivisione e di profumi antichi. Un rito che, un tempo, impegnava le massaie per un giorno intero: una giornata dedicata alla lunga preparazione, ad aspettare la lievitazione così come si aspettava la resurrezione di Gesù, la festa, in un sabato di sacrali prescrizioni e di leopardiana memoria. Certo è più semplice, meno faticoso e anche più “sicuro” rivolgersi agli straordinari artigiani del gusto che realizzano con grande professionalità i lievitati pasquali. Ma il sapore dell’attesa, quello, è un’altra cosa. —



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