Tagliapietra abbassa per sempre la serranda e via Filiberto si spopola

PADOVA. Abbassa per sempre la serranda anche Alta Moda Tagliapietra, lo storico negozio di abbigliamento aperto nel 1936 da Raimondo Tagliapietra e oggi gestito dal figlio Paolo.
Si tratta di uno degli ultimi negozi del centro storico a gestione familiare, che non fa parte della sereie di marchi in franchising, provenienti anche da oltre confine, che si affacciano sulle piazze e sulle vie limitrofe. Una bottega di nicchia e di grandi firme per uomo, aperta da 81 anni.
Ossia in pieno regime fascista, quando alle Olimpiadi di Berlino l’atleta di colore Jesse Owens vinse quattro medaglie d’oro, lasciando di stucco in tribuna Adolf Hitler mentre Gianni Agnelli lanciava sul mercato la Fiat 500 Topolino. Paolo Tagliapietra ha preso a gestire la bottega di via Emanuele Filiberto 4 nel 1970: nel suo negozio si sono vestite due generazioni di padovani.
«Per oltre 80 anni Tagliapietra è stato sinonimo di qualità e di eleganza», sottolinea Paolo, «Non per vantarmi, ma in via Filiberto 4 sono venuti a fare acquisti tantissime famiglie da tutto il Veneto, sia di nobili che di grandi imprenditori. Un esempio: da Treviso, negli anni d’oro in cui a Padova venivano a vestirsi anche tante persone dall’Austria e dalla Germania, arrivava da me una cliente eccezionale: la mamma dei Benetton. Tutti mi chiedono perché ho deciso di abbassare le serrande per sempre: non mi metto in pantofole per la crisi dei consumi e neanche perché mi sento avanti con gli anni. Mi ritiro dopo 47 anni di presenza continua in bottega solo perché ho problemi di salute. Il cuore non funziona bene,quindi ho necessità di curarmi».
Con la chiusura di Tagliapietra, che dopo la liquidazione in corso, chiuderà per sempre il prosssimo 31 luglio, Corso Filiberto diventerà un deserto commerciale. Una via strategica, in auge tra gli anni ’70 e ’90, il cui declino è cominciato, inesorabile, con le chiusure del Bar Borsa (oggi Max&Co), del Supercinema (oggi BenettonStore), Menato Sport (Louis Vuitton), Sommariva (ora Tommy Hilfiger) e, più di recente, di Tru Tru Trussardi, Bellin Calzature (oggi Benvenuti), Stefanel e di Momonì.
Tra le testimoni che assistono quotidianamente allo spopolamento di via Filiberto ci sono anche l’edicolante Ioana Doina (prima c’era il mitico Mario Pertile ) e la direttrice del negozio Asfield, Antonia Crosta.
"Via Filiberto è morta da dieci anni», ossserva Doina, «Ormai la strada dello shopping è via Roma, sempre strapiena di acquirenti. Se si vuole riportare via Filiberto agli antichi splendori, la si deve pedonalizzare totalmente, eliminando anche i passaggi dei bus 9, 10 e 15 e concedendo il plateatico ai bar che si trovano nelle vicinanze. Altrimenti sarà tutto inutile».
Ancora più duro il commento di Ilaria Macola: «In centro non sono in crisi solo i negozi di via Filiberto che, nel mio piccolo, ho tentato di rilanciare dieci anni fa, ma anche gli altri che si trovano nelle piazze e nelle vie vicine», sottolinea la titolare dell’omonimo negozio in via San Fermo e delle filiali di Cortina D’Ampezzo e New York-Manhattan.
«È tutto il commercio della città ad essere in crisi perchè da decenni la politica non ha più varato un piano del commercio che possa attirare clienti anche da fuori città».
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