Tangenti ad Abano, silenzio e complicità

Il giudice: nessuna ribellione all’illegalità, chi sapeva non denunciava e non si stupiva
LIVIERI - FOTO PIRAN - ABANO - GUARDIA DI FINANZA IN MUNICIPIO ABANO
LIVIERI - FOTO PIRAN - ABANO - GUARDIA DI FINANZA IN MUNICIPIO ABANO

ABANO TERME. Che il “capo dei Pirati”, ovvero il sindaco Luca Claudio, fosse temuto non è una novità. Era quello che lui voleva. È stato un pilastro della sua “occupazione” del palazzo avvenuta con metodi spicci cinque anni fa, all’indomani del sorprendente successo nel ballottaggio contro Gianpietro Bano, l’allora candidato del centrosinistra. Un’occupazione sistematica iniziata con la modifica del regolamento del Consiglio (interrogazioni solo a fine seduta), l’azzeramento delle commissioni, il trasferimento da Montegrotto di due dirigenti di fiducia in posti chiave, come la ragionieria e l’ufficio tecnico (Patrizio Greggio e Caterina Stecca), e un rapporto molto “verticale” tra sindaco e dipendenti. Operazione presentata all’opinione pubblica come il modo più efficace per rendere più produttiva la macchina comunale.

Ieri è bastato entrare in municipio per capire che questa paura del “sindaco-padrone” è ancora palpabile. Una casa comunale che, senza perifrasi, il magistrato stesso definisce “un contesto in cui gli anticorpi non hanno funzionato”, in cui molti sapevano e nessuno ha denunciato. Per paura, per omertà, per amicizia. O per favori ricevuti. Lo stesso Nicola Zanardo, il “dipendente-eroe” che fotografando gli atti della gara d’appalto truccata per la bonifica dell’ex discarica di via Guazzi ha permesso di scoperchiare il “vaso di Pandora”, secondo il magistrato ha agito per autotutelarsi e non per denunciare il malaffare.

Nessuno ieri in municipio si è preso la libertà di vuotare il sacco. Tutti trincerati dietro un risoluto “Non siamo autorizzati», compreso il segretario comunale Michela Targa. Parlano solo i sindacalisti, quelli sì. Per ricordare che durante la gestione Claudio questo clima era una consuetudine. «Lui è arrivato qui» dice Federica Trevisanello della Cgil «convinto che tutti noi fossimo coalizzati contro di lui. E invece una chanche gliela avevamo data, persino aderendo all’invito alla cena di Natale. Speravamo di avviare un dialogo, ma già l’anno dopo a quella cena si presentò un numero molto inferiore di dipendenti, per arrivare alla presenza sparuta dell’anno scorso».

Opporsi a Claudio, cercare di contraddirlo equivaleva rischiare grosso. «Nell’arco dei cinque anni gli spostamenti da un ufficio all’altro sono stati tanti» ricordano Loredana Foralosso della Cgil e Francesco Garofolin della Uil «Il sindaco diceva che era per migliorare l’organizzazione del lavoro, in realtà gli interessati hanno vissuto il cambio di mansione come un castigo».

Una spallata al muro di omertà i dipendenti la osarono l’autunno scorso, con una lettera inviata anche al prefetto in cui denunciarono il comportamento antisindacale del sindaco dopo un’infuocata assemblea. Claudio, pochi minuti dopo la riunione (e già informato di tutto) chiamò nel suo ufficio due sindacalisti: «Fate entrare i geni, così disse» ricorda Federica Trevisanello, protagonista dell’episodio con un altro dipendente «il mio collega di fronte all’ingerenza del sindaco sui contenuti riservati dell’assemblea si sfogò dicendo “questo è un regime» e Claudio si mise a urlare». I dipendenti pensarono di indossare in servizio per protesta una fascia con su scritto “Stiamo lavorando per voi” rivolta agli utenti. Ma poi, a riprova della paura che regna in municipio, l’iniziativa svanì.

Federico Talami, sindaco storico di Abano (1960-75 e 1977-79), parla di città infatuata di Claudio, addormentata dalle sue feste. Dal suo abile modo di alternare bastone e carota. «Fumo negli occhi e la gente c’è cascata, come si è visto anche ai banchetti elettorali, in cui alla fine tutti, ovvero centinaia di persone, applaudivano alla generosità degli albergatori che l’avevano offerta... Di fronte a questo anche l’impegno dell’opposizione nel contestare qualsiasi delibera è caduto nel vuoto».

«Claudio ha sfruttato il voto di scambio, il voto in cambio di piccoli favori» rileva un altro ex sindaco, Giovanni Ponchio «Ora che il capo è “morto”, vige il meccanismo del branco, c’è chi aspetta la sua resurrezione ed è convinto che lui uscendo dal carcere risolva tutto. Un fenomeno da psicanalisi più che da politica». Domenico Pedron, una delle anime del numeroso gruppo sportivo Due Monti, già consigliere comunale e dirigente provinciale del Csi, rivela che il clima conflittuale della politica aponense ha contagiato anche lo sport parrocchiale, spaccando in due un ambiente tradizionalmente sano, solidale e attento ai valori.

«Durante la campagna elettorale giravano dei messaggini che definivano “cattocomunisti” quelli dell’attuale dirigenza, da poco tornati in sella, cercando di screditarli e promettendo divise nuove e altre futilità, scordando che lo sport come la vita è soprattutto impegno e sacrificio. Ma i ragazzi hanno dimostrato di aver bisogno di ben altri esempi, non di essere manovrati da burattinai». Lapidario infine Emanuele Boaretto, presidente di Federbalberghi Terme: «Domenica in Grecia persino l’ambasciatore italiano mi ha chiesto di quanto sta succedendo ad Abano. Mi sono vergognato. La città sta pagando molto in termini economici e soprattutto di immagine. Noi abbiamo sempre contestato le scelte di questa giunta, ora bisogna ripartire da zero».

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